«Le detective? Hanno più fiuto dei maschi»

RomaChissà se si tratta di femminismo di riflusso. Di certo è (almeno televisivamente parlando) uno specchio dei tempi. «E credo che il mio personaggio sia piaciuto proprio perché le donne di oggi ci si sono riconosciute - riflette Lucrezia -. Come la maggior parte delle telespettatrici, infatti, Lisa Milani interpreta tre ruoli in uno. È una lavoratrice, una madre, una moglie. E in ciascuna delle tre parti deve dare il meglio di sé». Assomiglia insomma molto ad un luogo comune, ma pare riflettere almeno parte della realtà la Donna detective protagonista dell’omonima serie poliziesca che, dopo il lusinghiero successo della scorsa stagione (media del 25 per cento di share), da stasera torna su Raiuno per otto, nuove serate. Riproponendo, nei panni della poliziotta faticosamente divisa tra commissariato e casa, una fulva ed agguerrita Lucrezia Lante della Rovere.
«Oggi le donne si realizzano nel lavoro; ma non vogliono mollare le responsabilità della casa, del marito, dei figli - ragiona l’attrice -. Devono insomma trasformarsi in elastici: capaci di allungarsi sempre più, ma anche attente a non spezzarsi mai». Come e più di quanto avveniva nella prima serie, in questa (diretta da Fabrizio Costa, e interpretata anche da Kaspar Capparoni, Stefano Masciarelli, Flavio Montrucchio) «il lato privato della vita della protagonista viene valorizzato - spiega Lucrezia - e specialmente nei suoi difficili rapporti con la figlia. Questo per sottolineare che, per quanto grintosa e determinata, una poliziotta rimane pur sempre un essere umano. E come tutti, a casa, deve poi combattere con le normali difficoltà di tutti i giorni; con gli sbalzi d’umore e gli intimi drammi di una figlia nell’ardua età dell’adolescenza, ad esempio».
Combattimenti che la protagonista conosce bene: «Di figlie femmine io ne ho due. E faccio l’attrice. Anch’io sono impazzita, insomma, nell’inseguire le mie ragazze e, assieme, anche il mio lavoro».
Questo personaggio ugualmente impegnato negli inseguimenti metropolitani come nei pasticci familiari, per il direttore di Raifiction, Del Noce, «solo trent’anni fa sarebbe stato inimmaginabile. O sarebbe suonato falso. Oggi invece non è solo reale: è metaforico di tante altre condizioni femminili. Non è necessario indossare una divisa, infatti, per sapere quant’è difficile, oggi, dividersi fra tanti impegni. Tutti diversi e tutti ugualmente importanti». Ma professionalmente parlando, cos’ha in più un detective in gonnella, rispetto ad uno con i pantaloni? «Ne ho parlato con molte poliziotte di professione - risponde Lucrezia -. Tutte sono d’accordo a sottolineare il maggior acume, il particolare intuito che la donna in divisa sa mettere in campo. Senza dire quanto autenticamente donne, curate, ben truccate e pettinate, e anzi particolarmente sexy, siano capaci di rimanere tutte queste detective».
Ma per quanto riguarda la parte tosta della professione, gli inseguimenti, le sparatorie, le azioni che richiedono coraggio e sangue freddo? «Lisa Milani non è una wonder woman. Ha le sue incertezze e le sue paure anche lei. Usa la pistola solo quand’è necessario, e tornando a casa la rimette nel cassetto. Io, poi, nella realtà, ho paura di qualsiasi esplosione, perfino dei botti di Capodanno.

Ma la poliziotta non fa tutto da sola: viene sostenuta da una squadra, che agisce in accordo con lei, anche nelle situazioni più pericolose. E l’attrice ha imparato a fingere di saper fare con disinvoltura anche ciò che, nella realtà, non riuscirebbe a fare mai».

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