Gianni Mozzo
Il diabete rientra tra le emergenze di questo secolo. Le autorità sanitarie internazionali sostengono perfino che dai 150 milioni di malati di oggi si arriverà ai 300 milioni del 2025. «Questa escalation di casi - sostiene il professor Maurizio Di Mauro, ricercatore presso il Dipartimento di scienze biomediche all'Università di Catania - porterà di conseguenza ad un aumento delle complicanze croniche (retinopatia, nefropatia, neuropatia, infarto, ictus, amputazioni) e dei costi sociali». L'esercizio fisico aiuta ma sicuramente non basta. Fortunatamente le terapie a disposizione e le evidenze scientifiche offrono al medico e al paziente importanti opzioni di trattamento.
«Di norma - spiega il professor Carlo Maria Rotella, ordinario di endocrinologia all'Università di Firenze - la diagnosi di diabete mellito di tipo 2 viene fatta dopo un periodo di "Pre-Diabete" della durata di circa 10-15 anni. Con l'aumentare delle nostre conoscenze ci siamo resi conto che, durante il periodo di Pre Diabete, cominciano a prodursi le complicanze croniche della malattia, soprattutto a livello cardiovascolare. Inoltre, sempre nello stesso periodo, iniziano e peggiorano progressivamente dei meccanismi di danneggiamento delle cellule che producono insulina, rendendo più problematica la terapia della malattia. Su questa base si fa sempre più forte la convinzione che la terapia del Diabete di tipo 2 debba iniziare il più precocemente possibile per non far ammalare i soggetti a rischio e non fare evolvere in Diabete conclamato i soggetti con Pre-diabete. Sino ad ora sono stati pubblicati degli studi che dimostrano inequivocabilmente come le modificazioni dello stile di vita siano capaci di ottenere pienamente gli obiettivi che ci proponevamo, mentre gli studi che utilizzavano dei farmaci che vengono usati nella cura del diabete, quali acarbose e metformina, o che sono attivi nell'abbassare la pressione arteriosa, quali gli ACE-inibitori, non avevano dato risultati altrettanto brillanti.
The Lancet ha recentemente pubblicato i risultati di uno studio chiamato DREAM nel quale sono stati messi a confronto gli effetti di due farmaci: il ramipril (un ACE-inibitore) ed il rosiglitazone (un antidiabetico orale che cura l'insulino-resistenza). Il ramipril ha prodotto una riduzione del 9% del diabete ed un aumento del 16% della regressione a normoglicemia. Quindi non si può impiegare nella prevenzione. Al contrario, rosiglitazone ha determinato una riduzione maggiore del 60% dell'incidenza di diabete in persone con Pre-diabete ed un aumento maggiore del 70% della regressione da Pre-diabete a normotolleranza glicemica.
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