da Roma
Per arrivare allunità tra ortodossi e cattolici ci vorrebbe «un gesto concreto di vicendevole umiltà», che porti i primi a «riconoscere lessenza divina del primato di Pietro» e i secondi a riconoscere le Chiese orientali nella tradizione e struttura. Ma il primato di Roma non può essere considerato «un ostacolo» o «un inciampo», perché è elemento «di unità, non di divisione». È questo il messaggio del libro Pietro ama e unisce (Edizioni Studio Domenicano, pp. 224, 10 euro), scritto dai due teologi consultori della Congregazione per la dottrina della fede, don Nicola Bux e padre Adriano Garuti, che è stato presentato ieri mattina in Vaticano nel corso di una tavola rotonda coordinata da don Salvatore Vitiello, alla quale hanno partecipato il vescovo Rino Fisichella, rettore della Lateranense, Elio Guerriero, direttore della rivista Communio, alla presenza del cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, di molti prelati ma anche del vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Allam. Il libro non rappresenta soltanto un contributo accademico, ma pone quasi le linee di base (e i paletti giudicati necessari) per un dialogo ecumenico secondo la teologia di Joseph Ratzinger. Un saggio destinato a far discutere, dunque, perché controcorrente rispetto a una concezione dellecumenismo diffusa talora anche nella Chiesa cattolica, che ha finito per considerare davvero un ostacolo allunità il ruolo del vescovo di Roma e che vede solo nel ridimensionamento delle sue funzioni un possibile sbocco verso la riunificazione.
Da decenni si discute su come progredire nella via dellunità con le Chiese ortodosse, che hanno conservato validamente i sacramenti e successione apostolica, ma non riconoscono al Papa di Roma il primato di «presiedere nella carità» e di essere un fattore di unità. Nel 1995, nellenciclica Ut unum sint, Giovanni Paolo II si era detto disposto a trovare nuove forme di esercizio del primato per andare incontro alle istanze delle Chiese separate dOriente. Ma il dialogo non ha fatto significativi passi avanti e anzi, ha detto ieri padre Garuti, «quella disponibilità è stata fraintesa, quasi che si volesse mettere in discussione il primato stesso e non le forme in cui viene esercitato». Benedetto XVI ha ripetuto quella disponibilità nel viaggio in Turchia e fin dal giorno successivo allelezione ha assicurato tutto il suo impegno per progredire nel cammino ecumenico. Alla domanda su quali potrebbero essere queste nuove forme, non è stata data risposta compiuta neanche dai due autori, che indicano però la via di un riconoscimento reciproco, che implicherebbe, da parte ortodossa, laccettazione del primato.
Nellintroduzione del libro di Bux e Garuti, trova spazio anche il tema del dialogo dei cristiani con le altre religioni: «Se una fede è verità notano i due autori esclude per se stessa un confronto con altre verità, a meno di non cadere nel sincretismo. In tal senso il dialogo tra religioni propriamente non sussiste», ma è possibile invece «il dialogo interculturale» che si appella alla sola ragione umana, come ricordato recentemente dal filosofo Marcello Pera. Nella presentazione, monsignor Fisichella ha parzialmente corretto questa impostazione, spiegando che questo vale per tutte le altre religioni, compreso lIslam, tranne una, cioè lebraismo: «Con gli ebrei il dialogo non dovrebbe essere limitato al piano culturale dato che in comune con loro abbiamo lAntico Testamento e per usare il linguaggio paolino noi siamo innestati in questa pianta».
Il cardinale Bertone ha concluso con una citazione nella quale lallora cardinale Ratzinger, nel 1987, ricordava che «il Papa rimane anche per chi nega la pretesa del suo ministero, punto di riferimento di una responsabilità personalmente portata ed espressa di fronte al mondo per la parola della fede».
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