Il dialogo tra Fini e Amato irrita il Prc

Il leader di An: «Lo votiamo a tre condizioni, ma con i rom non si tratta». Apertura dal Viminale

da Roma

Subito 20mila espulsioni a Roma e 100-200mila in Italia. E demolire tutti i campi rom. Gianfranco Fini pone 3 condizioni per votare il decreto legge sulla sicurezza: il rimpatrio coatto dovrà essere effettivo non solo intimato; oltre che per i delinquenti per tutti gli stranieri anche comunitari che non dimostrano di avere lavoro e casa; maggiori risorse in Finanziaria per le forze dell’ordine, per applicare realmente la direttiva Ue in materia. Il ministro dell’Interno Giuliano Amato è pronto al dialogo e cerca di rassicurare il leader di An ma provoca subito l’altolà della sinistra radicale. Tanto che il presidente dei senatori di Rifondazione comunista Russo Spena avverte il Professore: «Se passano le richieste di An saremmo davvero al capolinea».
Oggi Fini incontrerà Silvio Berlusconi per accordarsi con lui e con Umberto Bossi sulla strategia da seguire. Il ministro del Tesoro fa sapere che i fondi ci sono e quello dell’Interno apre al dialogo, assicurando che le misure richieste sono previste nel dl e facendo innervosire la sinistra radicale. Il leader di An condanna i raid squadristi contro i romeni, come quello di «8-10 deficienti» nella periferia della capitale, a Tor Bella Monaca. «Prenderei a pedate chiunque provi a farsi giustizia da solo», assicura. Però invita i politici a farsi un giro nella borgata diventata «il Bronx» della capitale, dove «vengono rubati i calzini appesi fuori dalla finestra».
Alla trasmissione In mezz’ora su Rai3 di Lucia Annunziata Fini viene accolto dall’applauso dei figuranti. La conduttrice gli dà atto della popolarità conquistata dopo l’omicidio di Giovanna Reggiani. Ma se l’intervista comincia complimentosa, prosegue sul filo della lite. «Non ci si può integrare con chi ritiene disdicevole lavorare, ruba i bambini e li destina all’accattonaggio o sfrutta le donne», dice il leader di An, con le stesse parole usate nell’intervista sul Corriere della Sera. L’Annunziata replica con durezza che le generalizzazioni su un popolo «equivalgono a definizioni razziste». E Fini: «Non ci si può integrare con chi non accetta le regole. Nessuno può venire in Italia e mettere i piedi sul tavolo. Cerchi di capirlo e lo spieghi anche ai suoi amici». Gli «amici» dell’Annunziata sono quelli della sinistra «buonista», che minimizza il problema alimentando la xenofobia. E che con «ipocrisia tenta di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati». Fini ce l’ha con Giuliano Amato, che il decreto non lo voleva ma dopo la tragedia di Tor di Quinto che «rischiava di mandare in pezzi il presepe di Veltroni», l’ha votato.

E ce l’ha col sindaco di Roma e leader del Pd, che «non può fare Alice nel paese delle meraviglie, perché Roma non è Disneyland». Per molti Fini si candiderà al Campidoglio e a Veltroni consiglia di occuparsi meno di Feste del cinema e Notti bianche e più della vigilanza sul territorio. Perché, dice, «siamo seduti su una polveriera».

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