Diamante rubato, condannati i «principi arabi»

La pietra, valore 5 milioni di euro, fu strappata di mano a un ricco commerciante giapponese

Tutto per un diamante rosa, poco più grande di un’unghia, e con un nome esotico: «Rosa cruzeiro do sol». Valore: 5 milioni di euro. Un italiano di 67 anni, U.B., e una donna slava che, al momento dell’arresto tentò di nascondere nel suo seno il gioiello, sono stati condannati a 1 anno e a 8 mesi di reclusione dal giudice per le udienze preliminari Marco Maria Alma. L’uomo doveva rispondere di tentata ricettazione, la sua complice di favoreggiamento.
È l’epilogo di una storia dai contorni cinematografici, iniziata nell’agosto del 2005. Due rom, vestiti da «principi arabi», si presentano in una banca di Torino (dove un funzionario compiacente aveva messo a disposizione un’elegante sala) per trattare l’acquisto della pietra con un giapponese, legittimo proprietario.
Tra un’offerta e un ribasso, la coppia riesce a strappare dalle mani del giapponese il gioiello e, con la complicità di un italiano che li aspettava fuori dall’istituto di credito, riescono a fuggire. E inizia la seconda parte della vicenda, a Milano. I due ladri contattano un gioielliere milanese, U.B. appunto. L’uomo, a sua volta, li presenta a un esperto di preziosi (un indo-israeliano) interessato all’acquisto della «Rosa». Quindi l’incontro finale, in uno studio di una galleria del centro.
Al tavolo siedono U.B., l’esperto indo-israeliano, i due ladri e una loro amica, anch’essa rom. L’indo-israeliano manifesta qualche dubbio e chiede agli interlocutori un certificato di autenticità del diamante. Sul più bello delle trattative, però, irrompono i carabinieri che arrestano l’esperto, U.B.

e la donna rom che, in un estremo tentativo, aveva nascosto il brillante nel reggiseno. Ieri, l’ultimo atto. Il Gup ha assolto l’indiano e ha condannato il gioielliere e la complice. Gli altri protagonisti della vicenda, invece, sono sotto processo a Torino.

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