Diamo sussidi a 13.000 immigrati E incassa pure chi vive all’estero

Ora ci diranno che siamo cinici e senza cuore. E che ce la prendiamo con la povera gente extracomunitaria. Ma in tempi di coperta corta dare a tutti non si può, specie se non è dovuto. E il caso che stiamo per raccontare, segnalato da un lettore piemontese, è reale e la dice lunga su come, ormai, gli stranieri conoscano meglio degli italiani le pieghe delle leggi previdienzali.
Prendiamo gli assegni sociali, quelli per cui non c’è obbligo di versamento di contributi: sono esentasse e si ottengono semplicemente se hai superato i 65 anni e vivi una condizione economica disagiata. Spetta di diritto agli anziani italiani, ma non solo. Vale anche per gli immigrati indigenti che hanno un permesso di soggiorno regolare e vivono in Italia. Dove sta il problema, visto che tra poveri non si deve far distinzione di razze? Nel fatto che ci sono anche i poveri- furbi. Come nel caso del marocchino segnalatoci dal lettore. L’anziano signore ha aggirato elegantemente la legge italiana in questo modo: si è fatto chiamare in Italia dal figlio che lavora da noi ed è in regola. Ha chiesto e ottenuto il ricongiungimento familiare e poi, essendo indigente, ha chiesto l’assegno sociale. Ma non si è trattenuto a lungo nel nostro paese. Una volta intascato il primo assegno, ha fatto i bagagli e se n’è tornato nel suo paesello dove, con l’assegno mensile vive da pascià. Già, perché i 411 euro mensili saranno pure una miseria per chi vive in una metropoli italiana, ma sono soldi preziosi in un paesino del Marocco.
Del resto, il titolare della pensione sociale non è neppure obbligato a presentarsi di persona a ritirare l’assegno mensile. Basta mantenere un conto corrente con delega a un parente e l'Inps continua a versare la somma pattuita. Nessuno controlla nessuno. In teoria, infatti, è il comune di residenza che dovrebbe verificare, attraverso il servizio anagrafe, se l’anziano risiede effettivamente nel luogo dichiarato. Ma quali comuni hanno la possibilità di spedire periodicamente un vigile presso l’abitazione per effettuare l’accertamento? Probabilmente nessuno, al massimo si fa il primo sopralluogo per il rilascio della residenza. E se in casa c’è un parente a testimoniare che l’interessato è fuori per lavoro...
Dunque, il giochino per il passato ha funzionato e delle 13.050 pensioni agli extracomunitari erogate dall’Inps (in testa albanesi e marocchini) chissà quante sono state elargite in modo irregolare e chissà quanti vecchi se la ridono al loro paese con i soldi che piovono dall’Italia con tanta facilità.
Se n’è reso conto anche l’Inps che sta correndo ai ripari. Da gennaio dell’anno scorso ha stabilito che per aver diritto alla pensione sociale occorre aver soggiornato legalmente e in via continuativa in Italia per almeno dieci anni (prima non c'era un limite minimo di tempo). Un passo avanti nella via della legalità e dell’eguaglianza, è il caso di dirlo, nei confronti dei nostri anziani a cui farebbero comunque comodo quei 5 milioni e rotti di euro all’anno erogati a chi non ha lavorato neppure un giorno nel nostro paese e non ha versato un euro di tasse.
Ma probabilmente non basterà. Ci vorrà solo più tempo per arrivare a mettere le mani sugli assegni. In Svizzera, dove i servizi sociali funzionano ma con i soldi non si scherza, la soluzione l’hanno trovata.

Al di là delle Alpi, per riconoscere pensioni sociali o indennità di disoccupazione si deve firmare con frequenza lo stato di disoccupazione e di residenza. Di persona. Come accadeva tanto tempo fa anche in Italia, dove ogni settimana ci si doveva presentare di persona al collocamento e certificare il proprio stato. Ma erano altri tempi.

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