Me ne andai dal Pdl sbattendo la porta alla fine del 2008 a causa dell’amicizia (per me inaccettabile) di Berlusconi con Putin,nel momento in cui quest’ultimo invadeva la Georgia; e dopo aver assistito inerme all’omicidio al polonio di Sasha Litvinenko e al massacro della commissioneMitrokhin. Etuttaviahodecisoafeb-braiodiquest’annoditornarenellamaggioran-zaperverificatamancanzadialternativepoliti-cheeanchedisempliciid epoliticheinquesto Paese. Alla fine di un lungo viaggio mi sono arreso di fronte al fatto che se esiste una residua possibilità di un inizio di rivoluzione liberale, quella possibilità abita soltanto nel centrodestra berlusconiano e mai e poi mai dalle parti di Bersani e Di Pietro. Controprova: che cosa hanno mai fatto di vagamente liberale i governi Prodi, D’Alema e Amato che seguirono la sconfitta di Berlusconi dopo il ribaltone? E che cosa ha fatto di vagamente liberale il governo Prodi nel biennio 2006-2008? Niente, perché la sinistra italiana è conservatrice, protegge i forti, ignora i non rappresentati e carica di tasse il ceto medio (come sta facendo ora il governo sotto pressione) anche senza un’emergenza internazionale. Siamo di fronte all’infausta manovra «lacrime e sangue» (la si potrebbe anche chiamare «te spiezzo in due») ed ecco che è emersa una vivacissima fronda di liberali nel Pdl che ha comeesponenti di spicco il liberale autentico Antonio Martino, l’ottimo senatore Lucio Malan, il sottosegretario Crosetto e altri amici cui mi sento legato e ai quali posso soltanto dire che hanno perfettamente ragione: la manovra fa schifo perché non è una riforma o premessa di riforme, ma è soltanto una grande toppa a colore per tappare i buchi che l’Europa ci ordina di chiudere alla svelta, nel giro di giorni, non di mesi.Tutto vero.Difficile-nell’immediato-fare qualcosa di molto diverso, mentre subito dopo si può fare la rivoluzione liberale. O almeno mettere la prima pietra insieme, e- se Berlusconi finalmente lo capisce - dare un segnale annunciando la rivoluzione liberale che l’Italia aspetta dalla nascita, ma che se rivinceranno le sinistre non vedremo mai per un altro secolo. Winston Churchill definiva la democrazia un sistema di governo pessimo, salvo aggiungere che purtroppo peccato che non ce n’è uno migliore. E di questa manovra si può dire la stessa cosa: fa schifo ma, dati i tempi strettissimi e la pistola alla tempia, non c’è nulla di meglio, qui e adesso, salvo aggiustamenti. È ovvio, per dirne una, che una vera riforma strutturale sarebbe non la «lotta all’evasione »,ma la soppressione dell’evasione che forse si poteva fare, ma non è stata fatta da nessuno, neanche dai governi di sinistra che trovavano più comodo tartassare a sangue i soliti noti che andare a caccia dei finti ignoti. E allora che fare? Io personalmente ci provo: rivolgo un appello accorato sia agli amici frondisti liberali (un po’ tardivi: che facevate uno, due, tre anni fa?) sia a Silvio Berlusconi. Io credo che questa manovra vada corretta fin dove si può,si alzi per esempio l’Iva,ma in definitiva bisogna pur dare una risposta immediata a chi minaccia di buttarci fuori dall’Europa. Poi, però, o meglio nello stesso momento (il che vuol dire subito:oggi,massimo domani)occorre che tutti i liberali di buona volontà dettino i capisaldi della rivoluzione liberale che non è soltanto quella delle tasse, ma della liberazione di tutto ciò che è sotto sequestro, sotto tutela. Per far questo non possiamo contare sulle sinistre per una semplice ragione di Dna: Bersani è un bravo ragazzo, ma non può fare il liberale. Deve fare l’uomo di sinistra ed è, politicamente parlando, il nemico da battere e dunque non può essere l’alleato. Casini invece potrebbe ( la Lega non è chiaro che cosa vuole: se costituire il supersindacato dei diritti acquisiti, o seguire la sua vitale linfa di partito liberale delle sue stesse origini). A Silvio Berlusconi rivolgo un appello sincero, sia politico che umano: Silvio, hai ancora tempo per recuperare e puoi farlo soltanto con l’annuncio forte, non generico, di una rivoluzione liberale che hai promesso e mai nemmeno cominciato. Se lo farai, saremo al tuo fianco, malgrado i gratificanti bagni di folla con cui ancora ti rigeneri. Non è più, insomma, l’ora del «buon padre di famiglia», e nemmeno quella del presidente un po’ operaio e un po’ amministratore delegato.È invece l’ora di annunciare che l’Italia sta per intraprendere riforme talmente enormi che, messe insieme, fanno una rivoluzione.
Una rivoluzione pacifica, ma non pacifista perché ha come nemici tutti i privilegi e i privilegiati improduttivi, tutte le caste e le greppie, gli abusi e i costumi indecenti, e che punta anche a restituire al Paese i suoi primati nella ricerca scientifica e nella sua vocazione di leader culturale, vale a dire riaprire i nostri pozzi di petrolio abbandonati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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