Dichiara un reddito inferiore a quello reale rientrando così nella fascia dei cittadini aventi diritto ad un abbonamento annuale ridotto, ma il giudice la assolve convinto della sua buona fede.
Protagonista del processo a lieto fine una pensionata genovese di 73 anni, finita alla sbarra per tentata truffa ai danni della Amt di Genova, e falsa attestazione in atto pubblico. Per limputata il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a due mesi di reclusione, mentre il giudice del tribunale monocratico di Genova (dottoressa Maggio) ha assolto lanziana, accogliendo le motivazioni del legale della signora, lavvocato Simona Rossi, che la difendeva dufficio. La pensionata con la riduzione sullabbonamento aveva risparmiato 300 euro allanno, ma lo «scivolone» giudiziario aveva una motivazione. La donna, infatti, da circa dieci anni richiede e ottiene labbonamento agevolato, visto che il suo reddito pensionistico, fino a due anni fa era di 6.900 euro.
«Le condizioni per avere labbonamento a tariffa agevolata prima cerano tutte - dice lavvocato Rossi -, e la signora era avvezza a presentare unautocertificazione. Tuttavia le condizioni economiche della mia assistita sono cambiate due anni fa con la morte del marito». La signora, infatti, ha ereditato lappartamento in cui vive, che era di proprietà del coniuge, e non si è resa conto che tale rendita catastale sarebbe stata sufficiente a aumentare il reddito e portarlo fuori dai canoni richiesti dallAmt.
«La signora, che per giunta è gravemente malata, era molto preoccupata di aver commesso un reato - spiega lavvocato -, ma la sua buona fede era così chiara che il giudice ha accolto la mia tesi che si sia trattato di un fatto colposo e non doloso».
E che quindi il reato non sussista. Per giunta la signora aveva già pagato la sanzione e la differenza dellabbonamento non versato allAmt e lazienda di trasporti si era ritirata dalla causa, portata però avanti dufficio come previsto in questi casi. Il pm aveva chiesto due mesi, ma è arrivata lassoluzione.
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