Dieci titoli per ingrassare leggendo

Paolo Marchi

Non è mai abbastanza fornita la libreria di un ghiottone. Le novità si inseguono e si rischia sempre di perdere qualche uscita di valore. In questi ultimi mesi ho messo da parte una decina di libri che, ben lontani dalle strenne tutto lustrini e foto patinate, sono molto scritti e ricettosi il giusto, nel senso che i piatti, con i loro ingredienti e i suggerimenti per una corretta esecuzione, sono di supporto all’argomento trattato. Sono pubblicazioni di cultura gastronomica. E trovo confortante che gli editori credono sempre fortemente in questo genere, perché tanti profetizzano un futuro in internet e nei blog, importante a livello di recensioni e di ricette, fino a profetizzare però un futuro senza libri, almeno non come li intendiamo ora.
Ben vengano quindi fatiche come il Ricettario controriformista di Maria Carla ed Edgardo Bartoli (che ha perso la sorella, deliziosa cuoca prima che la loro fatica fosse stampata) per l’editore Neri Pozza, «un libro che tenta di risalire la corrente, come fanno i salmoni. Un libro che vuole essere una specie di Italia Nostra della cucina, in difesa della tradizione italiana dalle falsificazioni commerciali che la stanno involgarendo e corrodendo». Il loro, si badi bene, non è un inno alle trattorie dei camionisti o dei bei tempi che non ci sono più, ai tris o ai sughi passa, piselli e prosciutti. «Non siamo mossi da implacabile nostalgia per la cucina della nonna. Ben vengano le novità e le invenzioni. Ma non le improvvisazioni qualsiasi, le ammucchiate di sapori alla moda, i pasticci suggeriti soltanto da appetiti commerciali. Evitiamo i bluff, ancoriamo la fantasia alla serietà». Con pietanze ritenute basilari, compreso un signor sartù «il blasone della cucina napoletana, qualcosa di squisito e festoso».
Nel catalogo di Guido Tommasi invece emerge il Manuale pratico di cucina noir&criminale di Monte Clavé, «un manuale per divertirsi in cucina a fianco dei paladini del noir, novelli Don Chisciotte alle prese con le ingiustizie del mondo, che sanno consolarsi con una forchetta in mano». Questo perché «i personaggi che popolano la letteratura noir mangiano e bevono. Alcuni più di altri. Di più quelli che appartengono alla cultura mediterranea, molto meno i nordici».
Della stessa casa, Sapori Arabi di Salah Jamal, va a braccetto con il poderoso La cucina del Medio Oriente e del Nord Africa di Claudia Roden, pubblicato per la prima volta in Gran Bretagna nel 1968 e più volte aggiornato e riedito fino ad arrivare da noi, in italiano, grazie ad Allan Bay e a Ponte alle Grazie nella collana Il Lettore goloso. Sono 500 pagine di idee, consigli e ricette e viene difficile pensare si possa essere più completi. Attenti: «Non si tratta di un semplice elenco di ingredienti e ricette: si legge come una grande storia fatta di fiabe, aneddoti, poesia e personaggi».
Kowalski è invece l’editore di Food sound system, firmato da Donpasta selecter, pseudonimo di Daniele De Michele, economista di giorno e dj di notte, ma anche musicista underground. Questa è la versione su carta dello spettacolo di musica e di cucina che, stesso titolo, porta in tournée da circa un anno. «Trenta ricette del Mediterraneo annaffiate di buon vino e buona musica». La Parmigiana alla salentina, ad esempio, è correlata a Erri De Luca, al Cirque du Soleil, a John Coltrane e all’Amarone.
Riedizione presso Aliberti, vent’anni dopo quella di Camunia, de Il piacere della gola di Folco Portinari, saggio arricchito di un nuovo capitolo di quello che va visto come il «diario di un gastrolettore», un romanzo di gastronomia, una particolare enciclopedia di testi che nell’autore «hanno esaltato l’unione di cibo e parola», perché «l’uomo è onnivoro e qualcuno ne approfitta».
Però guai a procedere in disordine, a casaccio. Ben venga così la fatica di Fabiano Guatteri per Ponte alle Grazie: L’Arte del menù, sottotitolo «abbinamenti perfetti per ogni occasione». Guatteri parte da una verità: «Per servire un buon pranzo non basta saper cucinare: perché le nostre creazioni siano apprezzate quanto meritano, dobbiamo saperle inserire in una sequenza armonica, in cui ogni piatto, per analogia o per contrasto, prepara a quello successivo». Libro utile anche a tanti chef professionisti (a parole). Da applausi il paragrafo sulla giusta temperatura di servizio del vino rosso, che non è affatto quella cosiddetta ambiente, termine aleatorio. Diciotto gradi e si sbaglia poco.
E non si sbaglia nemmeno a leggere La lingua nel piatto. L’hanno scritto Renata Beltrami e Silvia Mazzola per Mursia. La lingua servita è quella inglese, la lingua di un’isolone dove per tutti si mangia male, tanto che ci fu chi affermò che per mangiare bene in Inghilterra bisogna fare colazione tre volte al giorno. Era così, non lo è più. Con queste «ricette per imparare a capire l’inglese e gli inglesi» si va ben oltre il breakfast e si impara a capire quel popolo e quel paese.
Infine David Madsen non è un ristoratore, bensì un romanziere. In Italia è pubblicato da Meridiano zero. Il suo Confessioni di un cuoco eretico ha tenuto compagnia a diversi cuochi stellati durante le vacanze. Dal risvolto: «Tra cucina, erotismo e filosofia un irresistibile pamphlet antivegetariano», romanzo che inizia così: «Non ho ucciso Trogville. Dicano pure quel che vogliono, ma non l’ho ucciso. Sì, d’accordo, ho sciolto un...».

Buona lettura.

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