da Milano
E pensare che oggi ci sono le suonerie, quei trilli asettici che infestano i cellulari. Una ventina di anni fa, invece, un medico californiano al telefono poteva sentire la voce di Marlene Dietrich, lei, addirittura lei. Che cantava dallaltra parte del filo. Dal vivo. Solo per lui. Lo conferma il libro (annunciato dal Daily Telegraph) pronto ad arrivare nelle librerie inglesi, The great surprise, che in poche parole è una collezione dei diari di Leo Lerman, ex editore della rivista Vanity Fair e autentico amico della cantante, che di amici peraltro ne aveva pochini. Solitaria per vocazione e diffidente per necessità, la diva Marlene visse gli ultimi dieci anni della sua vita in quasi completo isolamento (e in preoccupante situazione finanziaria) nel bellissimo appartamento di Avenue Montaigne a Parigi. E li visse parlando poco ma scrivendo molto, maniacalmente, una lettera dietro laltra, molte delle quali erano indirizzate a un suo amico californiano, un medico di San Francisco Valley. Lui ladorava, lei si nutriva della sua passione perché quando si è soli anche una scintilla lontana può riscaldare fin nel profondo. E così, quando Marlene venne a sapere che lamico, ingoiato dalla depressione, si sedeva cinque volte alla settimana da uno psichiatra per 90 dollari, 360 al mese, offrì di cantare per lui al telefono in cambio della stessa cifra e per lo stesso numero di appuntamenti. Affare fatto, lo conferma anche lunica figlia dellattrice, Maria Riva.
Il medico chiamava, Marlene Dietrich alzava la cornetta nel salone di Avenue Montaigne e iniziava a cantare magari le stesse melodie de Allangelo azzurro, il capolavoro che la trasformò in un simbolo sessuale e in unicona di stile negli anni Trenta. Certo, nei diari di Leo Lerman (morto nel 1994, due anni dopo la Dietrich) non ci sarà mai la spiegazione del perché la più grande diva del Novecento, quella che per tutti ma proprio tutti (perfino i colleghi più acidi) fu lunica artista davvero irraggiungibile, alla fine della sua esistenza abbia accettato di fare il karaoke telefonico in cambio di denaro.
E neppure lei, allapice della sua gloria, probabilmente avrebbe mai pensato di ritrovarsi, un giorno, a cantare al telefono. La risposta immediata, quella più maliziosa, è che il bisogno di denaro fosse così impellente da abbattere anche le più elementari regole dorgoglio. E forse una parte di vero cè, ovvio.
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