Emanuela Fontana
da Roma
Se Fausto Bertinotti rimane a mani vuote il partito potrebbe non stare a guardare. Sembra questo il messaggio di ieri di Bertinotti a Romano Prodi nellincontro sulla presidenza della Camera. Una «minaccia» politica per guadagnare più metri nella corsa a Montecitorio, ma uno scenario non del tutto impossibile qualora Prodi dicesse «no» al leader del Prc anche dopo il rifiuto di Massimo DAlema alla Camera. Tanto che lipotesi di un appoggio esterno di Rifondazione al governo, se Prodi non concedesse la presidenza della Camera al partito, non è stata smentita ieri a viale del Policlinico. Nessun «no» e nessun commento, come se, in effetti, fosse questo uno dei rischi qualora il Professore non dovesse soddisfare la richiesta degli alleati comunisti.
Forse per questo ieri dallesecutivo di Rifondazione è arrivato un pieno appoggio a Fausto Bertinotti presidente della Camera. Una blindatura sul segretario anche per dimostrare compattezza e uno zoccolo duro a Romano Prodi, con uneccezione: il leader dellala trotzkista Marco Ferrando, ora più isolato allinterno del partito rispetto ad alcuni mesi fa ma esponente di progetto Comunista, che dalla Puglia ha recentemente avviato la fronda.
Lesecutivo di ieri a viale del Policlinico è stato interlocutorio in attesa dellincontro a due tra Prodi e Bertinotti. Hanno parlato i dirigenti delle varie regioni commentando il risultato delle elezioni, il peso del Prc allinterno del governo e il futuro del partito e di Sinistra Europea. Bertinotti ha assistito ma senza parlare, poi ha lasciato prima del tempo per dedicarsi alla pratica della presidenza della Camera con lincontro con il Professore.
«La candidatura di Fausto Bertinotti alla presidenza della Camera non solo rispecchia pienamente il pluralismo dellUnione, ma ne rafforza anche la coesione», ha precisato a esecutivo concluso Franco Giordano. Il capogruppo uscente alla Camera è il candidato numero uno alleventuale successione del subcomandante Fausto, ma se gli si pone la domanda diretta alza un muro: «Di questo non voglio parlare. Se Bertinotti lascerà, si aprirà una discussione interna al partito».
Giordano spiega che il clima allinterno del Prc è «molto positivo e molto sereno». Del «no» di Ferrando dice che è «ininfluente», come la scissione di Progetto Comunista: «Non ci preoccupa». Come sarebbe Bertinotti presidente della Camera? «Un garante di tutta lAssemblea e crocevia di rapporti vitali con la società», è certo il capogruppo uscente. E le altre pretese? Si parla dei ministeri di Giustizia e Beni Culturali che piacerebbero molto al Prc, ma anche su questo Giordano frena: «Non ne abbiamo discusso», come se, appunto, la presidenza della Camera fosse una conditio sine qua non, che non contempla partite di scambio. Lottimismo sullingresso del segretario a Montecitorio ieri nel Prc era più tangibile, a maggior ragione dopo il passo indietro, arrivato in serata, di DAlema. «Un gesto da apprezzare, che contribuisce in modo decisivo alla soluzione di un problema», ha commentato a caldo la rinuncia del presidente ds Paolo Ferrero, della segreteria di Rifondazione Comunista. E «significativo», ha aggiunto, che «in questo modo si contribuisca a dare visibilità a tutte le componenti dellUnione: la sinistra moderata e la sinistra radicale».
Dallesecutivo dunque è uscito un messaggio preciso a Prodi: «Occorre un riconoscimento al ruolo del partito - chiarisce la neodeputata Chicca Perugia -. È bene sostenere Bertinotti alla presidenza della Camera». Il trotzkista Ferrando, invece, non si è tirato indietro e ha portato avanti il suo «niet» a Bertinotti terza carica dello Stato: «Sono contrario - ha detto - perché vorrebbe dire blindare il Prc allinterno del governo».
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