Direttori di banca compiacenti, «teste di legno» e società fantasma. Tutto per evadere lIva e immettere sul mercato prodotti a prezzi stracciati. Un telefonino dal valore di 200 euro a 99,99 euro? Una macchina fotografica venduta a un terzo rispetto alla concorrenza? Oppure due computer portatili di ultima generazione al prezzo di uno? Tutto possibile per un mega store di Ostia ponente, specializzato in affari a sette zeri. Soprattutto a danno del fisco: un giro di denaro di almeno 360 milioni di euro mai dichiarati quello scoperto dalle Fiamme Gialle, 45 persone, fra le quali 21 imprenditori, 3 direttori di banca, commercialisti, avvocati e undici falsi amministratori, denunciate.
«Si tratta dellennesima truffa escogitata con il sistema delle scatole cinesi - spiega il capitano Augusto dellAquila, comandante della compagnia Ostia della Finanza -. Ovvero società di carta messe in piedi per fare da filtro tra i Paesi comunitari produttori della merce e i reali destinatari. Questi, grazie alle tasse evase, riuscivano ad alterare il mercato vendendo a prezzi ribassati». E proprio da un Paese europeo arriva la segnalazione di conti irregolari per una società italiana con sede legale in via Marino Fasan. Ovvero in una zona a dir poco depressa del litorale romano. I baschi verdi fanno irruzione nella palazzina adiacente piazza Gasparri alla ricerca di documenti e libri contabili. La situazione è disastrosa: bilanci e fatture non quadrano. Per quantificare i reali movimenti di merce e denaro i finanzieri passano settimane a intercettare rappresentanti legali e prestanome. Una vera e propria associazione di malavitosi operante nella capitale, finalizzata alla commissione di reati di natura fiscale. Un sodalizio criminale formato da «colletti bianchi» e delinquenti comuni, fra cui alcuni pregiudicati.
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