Roma - L’idea che il partito di Di Pietro avesse deciso di lanciare un centro studi economici lasciava ben sperare per un divertente ultimo scampolo di estate. Già si poteva pregustare qualche fuoco di fila di idee geniali tipo: rilanciare l’edilizia rinnovando il parco case di Tonino, incentivi all’industria automobilistica offrendo Mercedes sottocosto o sviluppo delle telecomunicazioni e dell’editoria con intercettazioni obbligatorie per tutti e successiva pubblicazione. Purtroppo nulla di tutto ciò. Sfogliando la cinquantina di pagine del «Libro bianco su un anno di governo Berlusconi», dopo l’italiano approssimativo del titolo, che serve forse a ricordare l’ispirazione dipietrista, si viene sopraffatti dalla noia del già visto, del riciclato, delle solite pastoie da azzeccagarbugli dell’economia che non portano da nessuna parte. Ci avevano già provato il non dimenticato Visco e Bersani a creare una sigla che desse una parvenza di ufficialità agli sproloqui economici loro e dei loro amici: la chiamarono «Nens», probabilmente perché alle orecchie del lettore distratto suonasse simile a qualcosa di autorevole e riconosciuto, tipo Ocse o Censis, e ancora adesso, ogni tanto, qualche sbrodolata di numeri e tabelle marcate Nens finisce stancamente sulle pagine di Repubblica. Questo parto del «centro studi Folder», lanciato dall’Idv grazie all’opera di un rispettabile studioso come il professor Sandro Trento, altro non è che una fotocopia delle idee di Visco e C. che si ritrovano pressoché identiche nelle pagine di questo «Libro bianco», frullate con materiale pescato dall’altra premiata fabbrica dei numeri stiracchiati ad arte, vale a dire il sito lavoce.info. Le alzate di ingegno sono veramente poche e si limitano al nome del centro studi: «Forum Liberal Democratico per Economia e Riforme» (e verrebbe da dire «che ci azzecca» Di Pietro con la liberaldemocrazia?) e al capitolo dedicato ai rifiuti in Campania dove, senza spendere una parola per i politici dell’Idv nelle giunte locali che hanno contribuito a quel disastro memorabile, si tenta di dimostrare con un’arrampicata sui vetri spettacolare che in realtà Bertolaso e il governo hanno fatto danni e si suggerisce, come rimedio per risolvere il problema rifiuti, quello di «aumentare l’organico della procura di Napoli», senza specificare se ai giudici debbano essere fornite o meno paletta e ramazza. Per il resto ci si perde in interminabili tabelle con le solite correlazioni campate in aria tra gettito Iva, Pil ed evasione; si fanno insipide dietrologie su Alitalia, vagheggiando se Air France avesse fatto questo o quello rimescolando cifre di fantasia; si ritirano fuori i numeri stantii de la voce.info sulla social card, si gira la testa sui progressi nella gestione del personale pubblico e sui tentativi di introduzione del merito nell’università parlando d’altro. Insomma, nessun contributo degno di nota e un altro passo nell’illusione che il cittadino comune abbocchi alle tabelle di numeri aggiustati alla bisogna. Come se al lavoratore fosse servito uno studio per accorgersi che il governo di Prodi e di Di Pietro stava alzando le tasse soprattutto a chi già pagava e che basti dire con una fila di cifre che «sta aumentando la pressione fiscale» per far credere alla gente che ci siano chissà quali nuove imposte, quando tutti sono ben consapevoli che così non è. Non va meglio con l’economia e la crisi: i disastri si misurano sulle doppie cifre, tipo il quasi 20% della disoccupazione nella Spagna di Zapatero o il possibile 15% del deficit/pil irlandese.
Fortunatamente questi danni non abitano in Italia, con gli zero virgola in più o in meno non si dimostra nulla.Insomma, viene quasi nostalgia della «solita» faccia di Di Pietro e dell’Italia dei valori: quando provano a fare i seri alla fine si gratta il Tonino e salta fuori il solito Visco.
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