RomaNon lhanno chiamata «macchina del fango» ma solo per carità di patria. Perché questa volta a dare addosso alla rivolta dei parlamentari contro il taglio dei vitalizi non è stato solo il Giornale ma la stampa tutta. Così, deputati e senatori ieri hanno passato la giornata presi a dichiarare o a mandare comunicati stampa per puntare il dito contro la «demonizzazione» della figura del parlamentare, declinata in «polemica sterile» o «campagna diffamatoria» a seconda dei casi. Un attivismo mediatico che - per essere una domenica - non ha forse precedenti.
La colpa, insomma, è dei giornali. Perché le obiezioni di Fini e Schifani alla norma che impegna i parlamentari a decurtarsi le indennità portandole in linea con la media europea entro il 31 dicembre sono ineccepibili. Larticolo in questione, infatti, è stato inserito dal governo nella manovra in modo piuttosto maldestro. Tantè che giorni fa il ministro per i Rapporti con il Parlamento Giarda aveva convenuto con i presidenti di Camera e Senato sullerrore e si era impegnato a riformulare la norma. Sul punto, insomma, nessun dubbio. Quel che però non coglie la politica è altro. Tutti quei parlamentari - che vanno dal Pdl al Pd, passando per Udc e Fli fino ad arrivare alla Lega - che ieri hanno messo sul banco degli imputati «loperazione di disinformazione» dei media tralasciano un dettaglio mica da poco. Come pure lo ignorano Fini e Schifani quando - seppure con espressione misurata - spiegano in una nota congiunta che «non corrisponde al vero quanto ipotizzato da alcuni organi di informazione».
Il punto, infatti, non sono i giornali. Ma tutti quei parlamentari che hanno approfittato dello scivolone del governo Monti per rilanciare e venire a dire al Paese o che «la spesa la faccio alla Coop come tutti» (mirabile copyright della vicepresidente del Pd Sereni) oppure che «togliere lindennità equivale a unistigazione al suicidio» (la pidiellina Mussolini). La lista di deputati e senatori che in queste 48 ore sono intervenuti pubblicamente per dire che fanno il loro dovere «con abnegazione» oppure che «i costi sono altri» come le Authority o i vari comitati pubblici è così lunga da venire i brividi. E racconta una politica che sembra distante anni luce dalla gente. Perché ci sarà pure molta demagogia in questa battaglia anti casta, ma lo stesso Parlamento che si appresta a votare una manovra triennale che porterà le nostre tasse al 45% del reddito e a ribaltare il sistema pensionistico non può pensare di fare la fronda parasindacale al taglio delle indennità.
Lo hanno forse capito Fini e Schifani che ieri si sono detti «consapevoli dellesigenza di dar vita ad atti esemplari» adeguando le indennità dei parlamentari alla media europea e sollecitando la commissione che se ne sta occupando «a concludere nel più breve tempo possibile». Con un dettaglio. Ai tanti parlamentari che in questo weekend hanno gridato al complotto mediatico si aggiunge un gruppo di «giovani» che invece chiede misure più severe. Già, perché lo scontro generazionale cè anche in Parlamento. E a molti non va giù che il sistema contributivo sui vitalizi si applichi solo ai parlamentari alla prima legislatura e a quelli che verranno. Non per capirci a chi è già deputato o senatore dal 2007.
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