E adesso? Adesso che si è scoperto che a guidare il «raid nazifascista» del Pigneto era un tizio con il ritratto di Che Guevara tatuato sul braccio, uno orgogliosamente di sinistra, che cosa dovremmo fare? Metterci a strillare alla xenofobia rossa che travolge Roma in contrapposizione al «dilagare della violenza» nera di cui farnetica l’Unità? Sarebbe un gioco facile, ma sappiamo tutti che è falso. Non ci sono cosacchi alle porte dell’Urbe, così come non echeggia il passo dell’oca per le vie delle nostre città e il tatuaggio del bullo del Pigneto vale la croce celtica dei disgraziati assassini di Verona: zero, almeno a livello politico.
Proviamo a dirci la verità. Non c’è stata nessuna spedizione punitiva fascista alla Sapienza ma, come ha ricostruito la Digos, come hanno confermato i magistrati e come salta all’occhio anche dalle foto, uno scontro tra opposti estremisti (ma sì) originato dalla proterva pretesa degli studenti di sinistra di impedire di parlare di foibe all’università. Non ci sono stati pogrom di zingari a Ponticelli, ma l’azione delittuosa derivante dal combinato disposto dell’esasperazione della gente di fronte ai ripetuti furti dei rom e degli interessi contingenti di qualche clan camorristico della zona. E forse non c’è stata nessuna aggressione xenofoba ai danni del ballerino albanese star di «Amici». Lo accerteranno gli inquirenti, ma la dinamica fa pensare piuttosto a una banalissima lite: lui, Kledi Kadiu, non voleva che lo filmassero e gliel’ha detto a brutto muso, due degli «aggressori» se ne sono andati, il terzo ha invece preferito saltargli addosso al grido di «albanese di merda». Ma poteva dire ugualmente, che so, «ciccione schifoso», piuttosto che «nano bastardo». Siamo a livelli di notevole e preoccupante scemenza, ma gli agguati razzisti sono un’altra cosa.
C’è un brutto clima in giro, questo sì. Ma non pare che strillare a ogni pie’ sospinto al fascismo sia il modo migliore di affrontare il problema. Intanto, il rischio di figuracce è altissimo. Come titoleranno oggi i giornali di sinistra: «Falsificato nella notte il tatuaggio del naziskin del Pigneto»?. E il sindaco Alemanno sarà così contento di scoprire di essersi precipitato a manifestare solidarietà a un negozio che era stato chiuso per spaccio di stupefacenti? Inoltre, creando il comodo cassonetto «nazifascista» dove gettare tutto quanto di brutto avviene nel nostro Paese (beninteso, solo dal 14 aprile scorso, perché prima, Prodi regnante, i fantasmi del Reich non visitavano così di frequente queste latitudini) si caccia di fatto la testa sotto la sabbia, evitando di capire, di distinguere, di agire di conseguenza.
Il compagno Dario Chianelli, il «Che de noantri», per sua stessa ammissione non è proprio una personcina raccomandabile: furti, rapine, violenze. Ma quando lamenta che nelle strade del suo quartiere «vomitano e pisciano fino alle cinque di mattina», quando chiede se sua figlia «deve vedere uno che si tira fuori l’uccello e sui banchi del mercato ci piscia», pone una questione che non si può liquidare con il bel discorsetto zuccheroso del dovere dell’accoglienza. Altrimenti non ci si deve stupire se poi gli salta in testa di farsi giustizia da sé e trova un bel po’ di persone disposte a dargli una mano. Ed è grottesco che uno dei corresponsabili di questa situazione, l’ex sindaco Veltroni, abbia passato gli ultimi tre giorni a ripetere come un pappagallo: «Sbagliato minimizzare» a quanti cercano di sbirciare sotto l’etichetta «fascista» che la stampa sua amica si affretta a piazzare come un cerotto sul Pigneto, sulla Sapienza e ovunque sia ritenuto utile per gridare al lupo Berlusconi, al lupo Alemanno, al lupo Destra al potere.
Forse è il caso che ci diamo una calmata. Forse è il caso che i politici si mordano la lingua piuttosto che sparare subito dichiarazioni su fatti di cui non conoscono abbastanza. Forse è il caso che contiamo fino a trenta prima di usare sui quotidiani, e quotidianamente, paroloni come «razzismo», «nazismo», «fascismo», «pogrom». Perché sappiamo tutti come vanno le cose. Perché poi i corrispondenti dei giornali stranieri copiano paro paro i nostri falsi articoli e ci fanno quella bella pubblicità che possiamo apprezzare appena varchiamo i confini. Perché evocare continuamente il fascismo fa comodo solo ai fascisti, quelli veri. Perché poi, a furia di leggere certi titoli, qualcuno finisce per crederci. Gli studenti della Sapienza sono ormai davvero convinti di essere dei gigli campioni di democrazia e vittime di un’inqualificabile aggressione squadrista. E si sentiranno ancora più legittimati a compiere le loro piccole sopraffazioni.
Massimo de’ Manzoni
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