Un cognome talmente scomodo da mettere in serio pericolo una promettente carriera. Perché puoi anche essere il miglior difensore centrale dell'Africa nera, ma se di cognome fai Banana al massimo puoi raccogliere sorrisetti ironici. In pieno mercato di riparazione Yaya Banana, 20 anni, gendarme del Camerun di Eto'o, sembra riuscito a rompere l'incantesimo nonostante le sei lettere impietose impresse sui documenti e la maglietta.
È cresciuto in patria, nei Diables Rouges di Maroua, deriso un po' da tutti. Anche perché banana, a meno di non trovarsi in Spagna dove si traduce «platano», è uno di quei vocaboli universali come «spaghetti». E siccome al peggio non pare esserci mai limite, dallo scorso anno il giovane Leone Indomabile è stato ingaggiato dall'Esperance Tunisi. Un prodigioso passo in avanti verrebbe da dire. E invece no, perché il presidente del club tunisino, Hamdi Meddeb, è il direttore generale della Danone nel Maghreb e l'accostamento yogurt-banana ha suscitato troppe fantasie.
Tutto questo mentre Yaya (meglio chiamarlo così) abbozzava qualche sorriso di circostanza cercando di dimostrare in campo tutto il proprio valore. Ha amplificato sforzi e sacrifici fino al trionfo nella Champions League africana e alla partecipazione con l'Esperance al mondiale per club in Giappone. Questo ragazzone di 192 centimetri ha iniziato a vedere un barlume di luce quando l'ex centrocampista Bernard Genghini, direttore sportivo del Sochaux, l'ha giudicato non dal cognome, ma dalle qualità e verosimilmente anche dal prezzo (conveniente) di mercato.
Yaya ha firmato nei giorni scorsi con la formazione transalpina che ha versato ai tunisini 1,5 milioni di euro. L'augurio è che non commetta errori macroscopici, altrimenti tutti sapranno su quale buccia è scivolato il Sochaux.
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