Il difensore Vaccarella al contrattacco: «Sì è voluto eludere il nodo della causa»

«La sentenza del giudice unico del Tribunale di Milano sembra abbia voluto eludere il nodo della causa: non potendo dire che il contenuto della sentenza che diede torto alla Cir è stato frutto di corruzione, riconosce un abnorme risarcimento per la perdita della possibilità di un processo imparziale, anche se conclusosi con una sentenza che non si osa dire che abbia ingiustamente dato torto alla Cir. Insomma, la Cir aveva torto, ma ha perso la chance di farsi dare ingiustamente ragione, e quindi le va riconosciuto più di quello che avrebbe ottenuto se avesse davvero avuto ragione».
L’avvocato Romano Vaccarella, ex giudice della Corte costituzionale e legale di Fininvest, è basito. Non per l’esito in sé della causa, ma per il paradosso che il dispositivo della sentenza pone alla sua base, la cosiddetta «perdita di chance». In altri termini, non è detto che il giudizio che diede torto alla Cir sia stato viziato, ma nel dubbio si dispone comunque un risarcimento abnorme, spropositato. «Dal dispositivo – spiega ancora il professor Vaccarella – risulta che la condanna si fonda sulla “perdita di chance ”di un giudizio imparziale. La giurisprudenza ha coniato il concetto di perdita di chance per l’ipotesi di illegittima esclusione da un concorso, a causa della quale si è persa la possibilità di vincerlo anche se ovviamente non si sa se, partecipando, lo si sarebbe vinto o meno. Il risarcimento viene calibrato secondo le ipotetiche probabilità di vittoria.

Nel nostro caso, anche se a conclusione di un processo che il giudice unico di Milano ritiene non imparziale, la Corte d’appello di Roma emise una sentenza che diede torto alla Cir: se questa sentenza fosse ingiusta, il danno alla Cir deriverebbe dalla sentenza, e non certamente dal fatto che il giudizio non è stato imparziale; se, invece, questa sentenza avesse dato giustamente torto alla Cir, non vi sarebbe alcun danno patrimoniale nonostante la non imparzialità del processo».

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