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«La difesa di Alberto? Una delusione»

La madre: «Speravamo ci dessero una verità accettabile. Ma è impossibile che fossero in due»

Nostro inviato a Garlasco
«Abbiamo aspettato sei mesi questa famosa memoria difensiva nella speranza di trovare una verità sulla morte di nostra figlia, per poi scoprire solo delle suggestioni». Appaiono profondamente delusi i coniugi Giuseppe e Rita Poggi, genitori di Chiara, dopo aver letto le prime anticipazioni sulle 64 pagine depositate ieri in Procura a Vigevano. Forse non si aspettavano colpi di scena, ma sicuramente qualche elemento che potesse fare luce sulla morte della figlia. Una reazione di amarezza affidata al loro legale, Gian Luigi Tizzoni, cui spetta anche il compito di smontare pezzo per pezzo il «teorema» difensivo Avato-Fabbri.
«Su questi fatti nuovi né io né mia moglie abbiamo alcunché da dichiarare. Su tutto quello che è uscito oggi e uscirà nei prossimi giorni non vogliamo fare alcun commento». Sono le prime dichiarazioni rilasciate a caldo da Giuseppe Poggi, che poi aggiunge: «La prossima sarà comunque una settimana che ci riporterà indietro di un anno», alludendo al primo anniversario della morte della figlia, una ricorrenza che dovrebbe commemorare insieme alla moglie con una funzione religiosa in forma privata. «La nostra ferita non si rimarginerà mai - ha concluso Giuseppe Poggi -, noi non commenteremo nessun nuovo fatto nelle indagini: aspettiamo quello che ci diranno».
Al di là delle frasi ufficiali, però, i coniugi Poggi hanno espresso al loro legale tutta la loro delusione per una consulenza da cui si aspettavano qualche sostanziale novità. «Invece non ci pare che la difesa abbia portato elementi in grado di farci vedere il tragico episodio sotto una nuova luce» incalza l’avvocato Tinozzi. A cominciare dalle famose scarpe: «Idrorepellenti dice la difesa, ma anche “autocancellanti” aggiungerei io, visto che non è stata trovata una sola loro impronta all’interno della villetta dei Poggi».
Molto scettica la famiglia anche sulla possibilità che l’omicidio sia stato compiuto da due killer: «Per il semplice fatto che non sono state trovate impronte che lascino immaginare la presenza di più persone. Tolte le tracce lasciate dai Poggi, da Stasi, dai soccorritori e dagli inquirenti è stata evidenziata solo l’orma di una scarpa 41/42. In particolare in cucina, nel bagno e all’inizio delle scale che portano in cantina. Una calzatura tipo Tod’s con suola “a pallini”. Sicuramente dell’assassino. Nessuna traccia però del complice».
Non convince l’idea che l’altezza dell’assassino, o degli assassini, possa essere fissata con certezza sotto l’1.70 solo perché gli schizzi di sangue sul muro si trovano a 70 centimetri. «Non esiste alcuna rispondenza scientifica in tal proposito. E niente ci vieta di immaginare una persona più alta che cammini curva».
Respinta con forza infine anche la possibilità che il materiale organico trovato sui pedali della bicicletta di Stasi non sia sangue di Chiara. «Il nostro consulente Massimo Marzio Capra ha sempre detto chiaramente che il Dna di Chiara non è riconducibile al di là di ogni ragionevole dubbio a sangue. Ma la quantità di Dna recuperata è tale da lasciar pensare che si possa trovare in tale percentuale solo nel sangue.

Nello stesso pedale poi sono state trovate macchioline di origine ematica, anche se non è certa l’origine umana o animale. Due coincidenze davvero sorprendenti per poi arrivare a escludere che si tratti di sangue di Chiara».

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