Doveva essere una vittoria clamorosa del centrosinistra con tutto il popolo schierato «finalmente» da una parte, ma, alla prova dei fatti, la vittoria si è giocata su una manciata di voti. Per lennesima volta, il popolo si è fatto beffa dei potenti. Come in America sul caso Bush-Kerry e come per il referendum sulla procreazione assistita, non ha eseguito gli ordini prestabiliti da un concentrato incredibile di interessi: una buona parte della stampa estera e della stampa italiana, rappresentanti del mondo delleconomia, intellettuali e registi a la page, cattocomunisti da sacrestia, il partito della rendita e quello del clientelismo, radicali e no global.
Il risultato annunciato era quello che sembrava emergere nelle prime ore dagli exit poll viziati dal fatto che la gente, stanca di essere presa in giro, non si è fidata degli intervistatori. E, così, i commenti tronfi e compiaciuti di politici (quantomeno un po «imprudenti»), disegnavano le sorti di unItalia che aveva scelto di «liberarsi della dittatura» che laveva bloccata negli ultimi cinque anni. Invece è stato di fatto un pareggio con un piccolo vantaggio al Senato della Casa delle Libertà che, nonostante un numero di voti superiore al 50 per cento, ha ottenuto una quota di seggi inferiore determinata dal sistema elettorale. Di più: la Casa delle Libertà ha riguadagnato in Piemonte, in Friuli, nel Molise, nel Lazio, in Puglia e ha consolidato la sua maggioranza in Lombardia, in Veneto e in Sicilia. Da notare che nelle aree più sviluppate e popolose del Paese la maggioranza è stata netta, se non addirittura schiacciante.
Il consenso deriva da un forte radicamento nel mondo produttivo, nelle realtà sociali, nelle aggregazioni ideali. Queste realtà hanno a cuore la vita, la famiglia, leducazione, il rilancio economico, lammodernamento del Paese, la difesa della libertà e di una pace che non sia un cedimento al terrorismo, la costruzione di unEuropa dei popoli. In poche parole questo consenso nasce dalla libertà e dalla sussidiarietà, che sono urgenti per quel rilancio dal basso di cui lItalia ha assoluto bisogno. I segni non mancano: Draghi parla di ripresa, cè fervore in mondi produttivi che disdegnano la rendita, Paesi come la Svezia e la Gran Bretagna abbandonano il welfare state e ci indicano la nuova strada maestra. Ci vorrebbe subito un accordo tra le componenti realmente riformiste dei due schieramenti (sullesempio dellIntergruppo per la Sussidiarietà). Purtroppo, il risultato elettorale non aiuta: nellUnione la componente riformista ha ceduto ai massimalisti e quasi il 20% del Parlamento sarà composto da esponenti delluno o dellaltro estremismo, fatto disastroso per unItalia che non ne ha certo bisogno. Soprattutto, alcuni leader dellUnione invece di riflettere sulla difficile situazione che rischia di rendere ingovernabile lItalia, si sono messi, alle 3 di mattina, a cantare vittoria come se godessero di ampie e solide maggioranze popolari. Sono gli stessi che, a differenza di Schröder, hanno imbarcato le componenti radicali che già li ricattano. Non abbiamo bisogno di loro.
Occorre qualcuno che compatti le parti più responsabili di maggioranza e opposizione, che riunifichi il Paese e, sulla base di ciò che è più urgente, sappia affrontare la crisi economica, politica e, soprattutto, ideale che lItalia attraversa.
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