La difesa punta sull’identikit sbagliato

I legali insistono sul primo riconoscimento: «Un uomo dalla pelle olivastra, non stempiato»

nostro inviato a Como

Tra Procura e difensori è guerra aperta, a colpi di verbali e trascrizioni. Nel giorno della deposizione del superteste Mario Frigerio, unico scampato alla strage, il presidente del Tribunale Alessandro Bianchi ha deciso di acquisire le bobine originali delle deposizioni fatte al superstite nei primissimi giorni successivi alla strage. Una decisione sollecitata dal pool di avvocati dei coniugi Romano e osteggiata inutilmente da pm e parti civili. Si tratta dell’interrogatorio in ospedale del 15 dicembre 2006 e reso davanti al pm Simone Pizzotti e delle «sommarie informazioni» raccolte cinque giorni dopo dal luogotenente dei carabinieri Luciano Gallorini e registrate da una microspia piazzata dagli inquirenti nella stanza di Frigerio.
Durante l’interrogatorio in aula, infatti, Frigerio ha detto di non ricordare esattamente che cosa disse al magistrato e al carabiniere in quelle due circostanze. Se cioè Olindo venne o meno indicato come il suo aggressore sin dall’inizio come sostiene la Procura. In effetti, come ha scritto il Giornale nei mesi scorsi, nel primo interrogatorio Frigerio descrisse il suo carnefice come una persona che «non era di qua», con «tanti capelli ma corti» e mai visto prima. In un fax spedito il giorno successivo dal suo legale, Manuel Gabrielli, la descrizione si arricchì di nuovi particolari come l’altezza del killer, superiore di 10 cm rispetto a quella di Frigerio.
Il 20 dicembre Frigerio avrebbe sostanzialmente confermato il primo identikit al maresciallo Gallorini, aggiungendo che l’aggressore «non era stempiato», ma che aveva i «capelli cadenti sulla fronte». Alla domanda di Gallorini «se avesse visto Olindo lo avrebbe riconosciuto?», Frigerio una prima volta avrebbe risposto «no», salvo poi ammettere, solo alla fine dell’interrogatorio durato circa un’ora e dopo l’ennesima domanda dell’ufficiale sul vicino di casa imputato, di «non poter escludere» Olindo Romano come suo aggressore. È questo l’aspetto più controverso del «riconoscimento» fatto da Frigerio e confermato «senza dubbio alcuno» dal superstite in aula. Ed è questa la circostanza sulla quale la difesa di Olindo e Rosa punta per sconfessare la deposizione resa ieri in aula da Frigerio. Com’è noto, i periti della difesa hanno ricostruito un identikit dell’aggressore descritto da Frigerio nel primo interrogatorio del 15 dicembre grazie a un programma usato dall’Fbi, che si può scaricare all’indirizzo www.iqbiometrix.com. E anche questo identikit, realizzato da un perito della difesa, sarà mostrato alla Corte nei prossimi giorni.
Uno degli avvocati di Olindo e Rosa, Fabio Schembri, all’uscita dall’aula è stato lapidario: «Bisognerà ricostruire quello che fu detto da Frigerio il 15 e il 20 dicembre, prima di riconoscere Olindo il 2 gennaio, perché la Corte possa valutare se il ricordo postumo del superteste possa assurgere come elemento di prova o se debba essere scartato. Frigerio ieri è stato preciso e sicuro nel riconoscere Romano. Certo non ci aspettavamo che venisse in aula a dire “è un’altra persona”».


Nel corso della sua deposizione Frigerio ha anche parlato della presenza di un’altra persona nell’appartamento di Raffaella Castagna. «Forse una donna, forse la Bazzi ma non potrei giurarci», ha detto. «È strano che questa precisazione arrivi solo un anno dopo» ha risposto Schembri.
felice.manti@ilgiornale.it

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