Esiste un Paese, nel cuore dell'Europa, che ha fatto della neutralità il fondamento della sua politica estera. Una neutralità armata – e molto bene – ufficialmente iniziata nel 1815 ma che può essere fatta risalire al 1515. Una neutralità possibile anche per la sua particolare posizione geografica, sostanzialmente incuneata tra le Alpi.
Stiamo parlando della Svizzera, che nei giorni scorsi, il 12 dicembre, ha preso una decisione che non ha precedenti nella sua storia: Berna ha stabilito di modificare prematuramente la sua politica di sicurezza nazionale. In linea generale, la Svizzera aggiorna la propria strategia ogni 5/10 anni, e l'ultimo documento redatto risale al 2021 (integrato nel settembre 2022 alla luce della guerra in Ucraina), ma “alla luce del deterioramento della situazione in materia di sicurezza” il Consiglio federale sta riorientando la politica di sicurezza per i prossimi anni, col fine di “affrontare l'accresciuto livello di minaccia rafforzando la resilienza della Svizzera, migliorando le misure di protezione e prevenzione e potenziando le capacità di difesa del Paese”. La seduta del 12 dicembre ha avviato la procedura di consultazione e ha incaricato i dipartimenti competenti di avviarne l'attuazione, e ha fissato il termine delle consultazioni al 31 marzo 2026.
Berna ha ritenuto quindi che dato il continuo deterioramento della situazione in materia di sicurezza negli ultimi anni fosse necessario elaborare una nuova strategia politica di sicurezza in collaborazione con gli attori interessati. Essa funge da indirizzo generale per tutto il complesso sistema della Difesa del Paese, tra cui anche l'organizzazione delle Forze Armate e le acquisizioni di sistemi d'arma, ma tocca anche la società civile, l'economia e il mondo accademico.
Il documento che verrà redatto, si prefigge in linea generale di rafforzare la resilienza, cioè ridurre le vulnerabilità e le dipendenze critiche per rendere il Paese meno suscettibile agli attacchi e ridurre al minimo i danni potenziali; di migliorare la protezione e la prevenzione, ovvero la Svizzera deve essere meglio equipaggiata per prevenire attacchi potenziali e per proteggersi più efficacemente dalle loro conseguenze; infine di rafforzare le capacità di difesa cioè essere in grado di difendersi nel modo più efficace possibile da un attacco armato, se necessario in collaborazione con i suoi partner. Berna parla di “attuazione rapida” del nuovo piano, in considerazione della situazione internazionale, e ne prevede la piena operatività entro il 2028.
Cominciamo col chiarire un aspetto legato alla neutralità svizzera, in considerazione di quanto accaduto all'inizio del conflitto in Ucraina. A quel tempo si era scatenato un dibattito sul significato e lo status della neutralità svizzera, quando a febbraio 2022 Berna aveva adottato le sanzioni imposte dall'Unione Europea contro la Russia. La Svizzera però segue regole precise e definite per rimanere neutrale nei conflitti militari, ovvero non impiega le sue forze armate e nemmeno permette che si utilizzino armamenti di provenienza svizzera, ma ha imposto sanzioni in quanto l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia rappresenta una “grave violazione delle norme più fondamentali del diritto internazionale”. Del resto l'ONU ha a Ginevra una delle sue sedi più importanti. La Svizzera non consente spedizioni dirette di armi in zona di guerra da o attraverso il suo territorio, ma questo non è bastato per la propaganda russa – che ha attecchito molto bene in Italia – che ha dipinto la Svizzera come schierata col blocco NATO. Il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza in Europa, ovvero la minaccia alla sicurezza del continente da parte della Russia, ha perfino spinto Berna, a luglio 2023, a partecipare al meccanismo di difesa aerea integrata ESSI (European Sky Shield Initiative) a guida tedesca.
Perché però è importante il prematuro aggiornamento del documento di sicurezza nazionale svizzero? Per noi europei “schierati” è la prova del nove che, effettivamente, la minaccia al continente europeo è reale. Una minaccia che la Svizzera paragona a quella sovietica durante la Guerra Fredda, quando nel Paese alpino si costruivano case e condomini dotati di rifugio antiatomico.
Berna, con la decisione di riscrivere la sua strategia prima della naturale scadenza, ci sta anche dicendo che il tempo per correre ai ripari da questa minaccia è poco, e che la minaccia è consistente, se intende essere “meglio equipaggiata” - leggasi “meglio armata” - rispetto a quanto lo sia ora per affrontarla.