Caro dottor Granzotto, la ringrazio per la risposta, come sempre ben argomentata, alla mia mail piena di dubbi sulla opportunità di ridare fiducia al Cavaliere. Alla prossima chiamata alle armi sia io che mia moglie risponderemo ancora presente. Però non le posso nascondere che penso sia necessario mandare al caro Silvio un forte avvertimento; e chi, se non voi lo può fare meglio? Noi elettori siamo arcistufi delle sue promesse seguite da nulla di fatto, dichiarazioni tonitruanti contro i pm politicizzati senza alcuna azione susseguente, così manifestando una palese impotenza (politica, per carità), non accettiamo che sprechi malamente maggioranze mai viste in Parlamento senza diminuire di un euro la spesa pubblica ed il debito, anzi aumentandoli, senza eliminare un solo ente inutile o una sola provincia... Ecco caro Granzotto, questo le volevo dire. La saluto molto cordialmente e con grande stima.
Bari
Come quei giocatori che incantano lo stadio, che dribblano e servono «con millimetrica precisione», si esibiscono in «sombreri» e «veroniche» e poi non fanno gol, eh, caro Schiavini? Quelli che, come dicono i telecronisti, «non sentono la porta». Sì, Berlusconi può dare questa impressione. Ma non è che non sente la porta, creda a me. È che il sistema gliela sposta continuamente e quindi per far gol ci vuole oltre che il talento, anche il tempo e la costanza. Le Costituzione - chiave di volta del sistema - è bella e cara, però non lhanno redatta gli angeli, ma uomini e nemmeno ispirati dallo Spirito Santo. Quello che vollero i costituenti - chi per esorcizzare il fascismo il cui cadavere era ancora caldo, chi per assicurarsi che il sistema democratico non prendesse laire tagliando lerba sotto i piedi alle fisime rivoluzionarie - fu di ibernare la macchina dello Stato. Ancorché detta, ma forse per ischerzo, la migliore del mondo, coi suoi pesi e contrappesi, con i suoi lacci e i suoi lacciuoli la Costituzione è mamma e babbo delle legislature ammezzate e di sessanta governi in sessantanni di Repubblica. La stagione doro del «fare», delle grandi opere come lAutostrada del Sole, fu resa possibile solo torcendo la Costituzione come un canovaccio. Ma nel pieno del boom i compagni, temendo che il troppo «fare» e il relativo benessere avrebbe reso glitaliani convinti del primato dello Stato liberale su quello comunista, appellandosi a una sfilza di inviolabili Valori e Princìpi duna Costituzione nata, mica no, dalla Resistenza, pretesero e ottennero chessa tornasse ad essere ben stirata e inamidata. Questo per il sistema. Ci aggiunga, caro Schiavini, lelefantiasi burocratica (ma lo sa che non sappiamo con precisione nemmeno il numero delle leggi vigenti? Così, a naso, pare siano 150mila. La Francia ne ha 7mila, la Germania 5mila e lInghilterra 3mila). Lei dice degli enti inutili. Crede che per abolirli basti firmare un decreto? Non sarebbe costituzionale. E allora, per ciascuno di essi - e sono allincirca cinquecento - si apre un contenzioso bizantino in un groviglio di leggi incrociate, garbugli di competenze sovrapposte, diritti acquisiti, patrimoni condivisi... Cè da uscirne pazzi. Governare è unimpresa, caro Schiavini. Diventa poi un tormento se tocca anche far fronte ai manettari, ai sepolcri imbiancati dellinquisizione «sinceramente democratica» e ai Fini che tradendo patti e elettori decidono di farsi re. Tutti interventi a gamba tesa con lintento di far male, di azzoppare lavversario e che comunque rallentano il gioco anche del più talentuoso fantasista.
È difficile cambiare un Paese imprigionato da 150mila leggi
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