Quando Luigi Calabresi venne ucciso, scrissi come necrologio sui giornali questa frase: «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno», le parole dette da Gesù sulla croce. In realtà non fui io a scegliere questo necrologio, ma mia madre, una vera cattolica che vive quotidianamente secondo il Vangelo. In quel momento io ero molto giovane e forse non sentivo veramente mie quelle parole, tuttavia accettai il consiglio di mamma pensando che quella fosse l'unica possibilità per spezzare quel terribile odio che stava dilagando sempre di più. Poi, man mano che passavano gli anni, io ho sentito quella frase sempre più mia, mi si addiceva sempre più.
Ho molto pensato e ho capito che Gesù, sulla croce, avrebbe potuto perdonare direttamente i suoi carnefici, ma in quel momento Egli era un uomo e sapeva quanto per noi uomini sarebbe stato difficile perdonare, quindi ci indica questa strada... chiedere al Padre di farlo lui in vece nostra, dando a noi il tempo di un cammino in questo senso. Io sto camminando... Il perdono è un cammino lungo e difficile, molto lento, con momenti di grandi passi avanti e altri in cui sembra di scivolare indietro, di alti e di bassi. Come cattolica sono sicura che sia l'unica strada da percorrere.
Io ho perdonato Leonardo Marino, uno dei responsabili della morte di mio marito, che si è costituito spontaneamente alla giustizia autoaccusandosi di questo omicidio. Marino è un vero pentito. Infatti Marino non era in carcere e non ha deciso il pentimento per avere sconti di pena. Egli viveva a casa sua e non c'era su di lui nessuna indagine in corso. Marino, che da ragazzo aveva ricevuto una formazione religiosa, per un travaglio interiore che lo logorava, per un terribile peso che gravava sulla sua coscienza, ha deciso di confessare. Marino, che dopo essersi costituito ha subìto le peggiori angherie, è un uomo che ha molto sofferto e siccome la sofferenza, anche se ha origini diverse, accomuna, io mi sono sentita vicina a lui e ho sentito che dovevo perdonarlo.
Naturalmente è stata più facile la riconciliazione con Marino che parla di Dio, che chiede umilmente perdono... Molto più difficile è perdonare gli altri responsabili dell'omicidio che non chiedono perdono e non lo vogliono. Ma io penso che il perdono possa essere dato anche unilateralmente e quindi io questo cammino intendo continuarlo fino a raggiungere una vera pace interiore.
Per il momento posso dire di essermi riconciliata con la vita... so apprezzare la natura, gioire della creazione, so ringraziare, credo nuovamente nella bontà degli uomini e questo mi dà molta serenità.
Concludo inviando un messaggio a tutti coloro che, come me, soffrono per aver ricevuto ingiustizie e qui mi rivolgo soprattutto alle donne.
Non dico perdonate, perché questo è un cammino soggettivo. Posso solo dire che l'odio logora, ci indurisce, non permette di metterci in sintonia con chi ci è stato tolto, non ci permette di vedere ciò che di bello ci sarà ancora, di gioire nel vedere i nostri figli che crescono, ci toglie la gioia di vivere.
L'odio per noi sarebbe una sofferenza, una tragedia in più.
*Lettera/postfazione che la vedova del commissario Calabresi ha concesso per la nuova edizione del memoriale di Leonardo Marino «Così uccidemmo il commissario Calabresi» (edizioni Ares)
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