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Difficile trovare una «Stupenda» come la virtuosa Joan Sutherland

«È sempre emozionante assistere alla nascita di una stella». Queste sono parole di sir John Tooley che ricordava uno dei «colpi» sensazionali della sovrintendenza del suo predecessore alla Royal Opera House (Covent Garden) di Londra, sir David Webster. Allo straordinario trionfo riscosso da Joan Sutherland (nata a Sidney nel 1926 e morta l’altro giorno a Montreux) nel suo debutto in ruoli protagonistici con Lucia di Lammermoor (1959) avevano posto mano due Pigmalioni molto speciali: il decano dei direttori italiani, Tullio Serafin e Franco Zeffirelli che apponeva la sua firma altrettanto geniale a regia, scene e costumi. Entrambi - Serafin e Zeffirelli - accompagneranno la Sutherland nei primi folgoranti passi nel Paese del Melodramma. Le buone notizie, come si sa, hanno le ali e i reggitori dei teatri ben informati come Mario Labroca a Venezia e Leopoldo de Simone a Palermo la scrittureranno subito per Alcina di Händel alla Fenice e Lucia al Massimo. Dopo, anche la Scala le apre le porte affidandole una delle allora meno eseguite opere di Bellini, Beatrice di Tenda (1961), cui seguiranno altrettante vette del belcanto: Semiramide, Lucia e i leggendari Ugonotti di Meyerbeer che allineavano insieme a lei una squadra con pochi confronti (Giulietta Simionato, Franco Corelli, Nicolai Ghiaurov, Giorgio Tozzi, Fiorenza Cossotto). In occasione di Lucia alla Scala Eugenio Montale scrisse che il successo toccato dopo la scena della pazzia era stato fenomenale. Il merito non era da poco, perché ancora il lutto per il declino di Maria Callas, indimenticabile eroina del capolavoro di Donizetti, era stretto. «Dal punto di vista strumentale si può dire che rasenti la perfezione - scriveva Montale della Sutherland - e che porti al massimo l’arte del vocalizzo superando le più ardue difficoltà e persino aggiungendone qualcuna non prevista dall’autore. In complesso la signora Sutherland può ben dirsi una diva che non raggiungerà mai, per nostra fortuna, il superdivismo, cioè lo stadio in cui i difetti sono esaltati come pregi». Raggiunta la fama mondiale, Dame Joan si è dedicata alle amate opere di Bellini e Donizetti, registrate in sodalizio col marito Richard Bonynge e con un partner meraviglioso, Luciano Pavarotti, da lei imposto alla sua casa discografica nella storica registrazione di Beatrice di Tenda, cui seguiranno le donizettiane Elisir d'amore, Figlia del reggimento e Maria Stuarda.

Altrettanto importanti le sortite nel repertorio di coloratura francese con Lakmé di Delibes, Hamlet di Ambroise Thomas e soprattutto l'impervia Esclarmonde di Massenet, cui donava un tocco di sensualità floreale. La morte di Jaon Sutherland non è solo la notizia della fine di una vera regina del belcanto, ma la conclusione, almeno per ora, di un’epoca che allineava non solo superbi cantanti, ma grandi personalità.

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