La dimora di Giulio: 200 metri quadrati di lusso

RomaIl ministro lo conoscono tutti, nel palazzo al numero 24 di via di Campo Marzio da cui Giulio Tremonti ha promesso di sparire (puf!) prima di subito, anche se ieri di traslochi non vi era traccia. Nessun camion sui sampietrini di velluto, nessun operaio in tuta a sbuffare dietro valigie e scatoloni. Anzi, no. Ecco due uomini che portano indolentemente un carrello carico di faldoni. Ma non vengono da casa Milanese-Tremonti, arrivano da un ufficio che ha sede nello stabile. «Chissà poi se quello se ne va davvero», dice scettico uno dei due.
Camera con vista. Sulla Camera. Dei deputati. Il palazzo di via di Campo Marzio in cui Tremonti ha trascorso il suo ultimo periodo romano senza apparentemente doversi preoccupare di pagare l’affitto è all’angolo con via dei Prefetti, proprio sopra al negozio che da generazioni rifornisce di biancheria le migliori famiglie capitoline. Un palazzo rosso e solido, con la prua proiettata sul retro di Montecitorio battuto dal sole in questo venerdì di luglio in cui tanti si affacciano a curiosare nell’androne dell’edificio che imbarazza il ministro del rigore finanziario. Che per giorni, settimane, mesi svegliandosi ha aperto le finestre e ha visto (memento mori) uno dei suoi luoghi di lavoro. Noblesse oblige. La casa presa in affitto da Marco Milanese dal Pio Sodalizio dei Piceni per 8.500 euro al mese è proprio in questo angolo privilegiato, al primo piano: cinque finestre su una via, cinque finestre sull’altra, tutte ieri chiuse o socchiuse. La casa è grande, circa 200 metri quadri, una superficie congrua con il prezzo, dato il valore degli immobili in quella ridottissima mattonella di Roma in cui si concentrano i palazzi del potere: 44 euro al metro quadro per l’affitto, seconda zona più cara di Roma dopo piazza Navona, e forse d’Italia. Tutti i lussi, tutti i comfort: un appartamento già completamente arredato con mobili di classe, soffitti altri 4 metri, un portiere che si adegua allo status di cotanti inquilini garantendo loro il massimo della riservatezza (e infatti con noi si cuce la bocca lasciando che ad abbaiare sia il piccolo cane che si porta in braccio). Nessuna traccia né di Milanese né di Tremonti sul citofono e sulle cassette postali. Del resto di cognomi qui ce ne sono pochi: interno 1, interno 2, interno 3 e così via. Perché la privacy è uguale per tutti, ma per i privilegiati residenti del centro storico di Roma è ancora più uguale.
Tremonti tutti lo conoscevano nel palazzo. Intendiamoci, roba da buongiorno e buonasera. Al massimo una stretta di mano da parte di qualche sparuto fan del rigore economico. Se non fosse stato per la scorta forse il titolare dell’Economia sarebbe quasi passato inosservato, uno dei pochi lussi che una persona così importante non può però concedersi. «Ogni mattina - racconta un vicino - esce di casa verso le nove e si dirige alle tre auto blu che lo aspettano in piazza del Parlamento». Perché tre auto è presto detto: gli uomini della scorta con il tempo sono aumentati molto più dell’inflazione. «All’inizio - racconta un dipendente dell’Anci, che nell’edificio dispone di alcuni magazzini - c’erano con lui due uomini, poi quattro, infine otto». Due lo accompagnano (o lo accompagnavano) tutti i giorni fino alla soglia di casa. Veri angeli custodi.
Della vita di Tremonti in via di Campo Marzio si sa poco, frammenti da ricostruire pazientemente, una frase qui, una là. «Una volta - racconta un altro dipendente dell’Anci - abbiamo chiesto un potenziamento dell’energia elettrica per installare alcuni deumidificatori nei magazzini ma il portiere ci ha detto che non sarebbe stato possibile perché il ministro aveva in casa delle apparecchiature molto sofisticate». Altra persona, altro flash: «Meglio se il ministro se ne va altrove. Quando entrava o usciva dal palazzo a noi ci bloccavano», dice un altro, che ha l’aria di avere appena ricevuto una buona notizia. «Lo vedevamo arrivare con un trolley a inizio settimana, e andarsene sempre con un trolley.

Probabilmente non aveva molte cose sue in questa casa», ipotizza un altro. «Sicuramente torna dopo l’orario di chiusura del mio negozio, perché io lo vedo solo la mattina uscire dal portone», spiega il commerciante di un negozio a pochi passi.

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