DINO BUZZATI Parole e immagini nelle storie a colori

Francesca Amé

Forse Dino Buzzati sorriderebbe. Perché anziché cogliere l'aspetto trionfale (una mostra tutta per lui, nella maestosa cornice della Besana), osserverebbe una bizzarra casualità: l'esposizione milanese, che è un omaggio al centenario della sua nascita, si chiude il 28 gennaio, giorno della sua morte, avvenuta nel 1972. «Quando si lavora con Buzzati, si diventa buzzatiani», scherza Maria Teresa Ferrari, esperta delle opere artistiche dell'intellettuale bellunese e curatrice di «Buzzati racconta. Storie disegnate e dipinte» che inaugura martedì. È lei ad anticipare qualche tappa di quello che per i milanesi si presenta come un viaggio nell'immaginifico mondo di Dino Buzzati «pittore di professione» (e lui avrebbe amato questa definizione giacché, come ebbe a dire, «la pittura per me non è un hobby, ma il mestiere; hobby per me è scrivere»).
Il cuore pulsante della mostra è il «Poema a fumetti»: «A quest'opera, che è la summa del lavoro buzzatiano perché riunisce fotografie, disegni e grafica precorrendo il fumetto d'autore, abbiamo dedicato uno spazio apposito. Rappresenta tutto il mondo milanese di Buzzati - spiega Maria Teresa Ferrari - e non esiterei a definirla un'opera post-modern, contaminata. Infatti piace molto ai giovani». Pare che Buzzati, una volta conclusa, la consegnò alla moglie Almerina dicendole: «Mettila da parte: la pubblicherai tra trent'anni». Per fortuna la caparbietà della compagna vinse il suo pessimismo: era il 1969 e il libro uscì per Mondadori: «Vendette molto, ma fu anche molto criticato. Buzzati attingeva al fumetto americano, alla Pop Art e non temeva il nudo: curioso com'era fu un precursore di un nuovo genere», commenta ancora la curatrice. Le sezioni in cui è suddivisa la mostra, fortemente voluta a Milano da Vittorio Sgarbi, ci restituiscono un ritratto il più poliedrico possibile di Buzzati giornalista-scrittore-pittore- disegnatore che ancora incanta per la straordinaria modernità. Il tema dell'attesa e della morte sono presenti nelle opere pittoriche così come nei suoi noti romanzi (come «Il deserto dei tartari»); eppure dai disegni ne esce un Buzzati a tratti ironico, curioso della vita e soprattutto zelante in ogni sua attività. Un atteggiamento evidente anche nelle scrupolose annotazioni usate per i bozzetti e i figurini (per la prima volta esposti fuori dal teatro) da lui realizzati per il balletto «Fantasmi al Grand Hotel» che andò in scena alla Scala nel 1960. Piacerà al pubblico quello che Maria Teresa Ferrari chiama «il periodo blu» di Buzzati: sono le opere giovanili degli anni Venti, dove predomina un senso onirico. Deliziose poi le tavole in mostra tratte dalla favola «La famosa invasione degli Orsi in Sicilia» del '45, come è suggestivo il ciclo pittorico degli ex voto, i «Miracoli di via Morel», terminato poco prima della morte. Ma sono le «Cronache figurate» l'opera che testimonia maggiormente la sinergica coesistenza di scrittura e disegno (e lavoro in redazione, alla scrivania del «Corriere») che accompagnò Buzzati per tutta la vita. Vietato dunque guardare queste opere tralasciando le didascalie, ché l'autore amava spiegare l'occasione, lo spunto o la cronaca stessa del soggetto ritratto. Che «il Buzzati della nera» sia (o dovrebbe essere) un maestro per quanti di noi si arrabattano in questo mestiere è assodato, così come nulla da eccepire hanno i critici sul valore dei suoi racconti e romanzi. Sul Buzzati pittore c'è invece ancora molto da scrivere: «Venne scoperto e lanciato dalla Galleria Cortina - ricorda Maria Teresa Ferrari - e se è vero che Buzzati non ha alle spalle studi accademici né una tecnica specialistica, nei suoi quadri c'è un quid che li rende unici».

Un incontro tutto buzzatiano - passateci il termine - tra la parola e l'immagine.
Buzzati racconta. Storie disegnate e dipinte. Alla Rotonda di via Besana, dal 15 novembre al 28 gennaio 2007. Biglietti: intero 6 euro, ridotto 4 euro

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