«Dio è più vicino se usiamo le sue parole»

Al monastero di Santa Tecla di Maalula venerdì scorso si respirava un’aria di festa. Javier Solana,il ministro degli Esteri per l’Unione europea, stava per arrivare a visitare il villaggio. I ragazzi della banda con le loro camicie bianche da sfoggiare per le grandi occasioni. Pelagia Sayaf, la madre superiora, si muove veloce avanti e indietro. Lei controlla tutto, dà ordini alle altre sorelle, sistema i colletti dei ragazzini della banda. «Siamo in montagna, ma non siamo isolate». Intanto racconta la sua storia. Una donna forte e determinata, arrivata dal Libano una vita fa. «Nemmeno ricordo più quando, è passato troppo tempo».
Il vostro è un monastero antichissimo.
«Sì è il nostro orgoglio, qui respiriamo la presenza di Dio in modo forte. Siamo una cinquantina di sorelle cristiane ortodosse e viviamo del nostro lavoro».
Cosa fate per sopravvivere?
«Lavoriamo all’uncinetto, vendiamo souvenir, accogliamo i turisti che vogliono dormire in convento, e abbiamo la scuola di aramaico».
Quanti sono gli allievi?
«Il nostro corso dura tre mesi e abbiamo sempre molte richieste. Ospitiamo sessanta studenti l’anno. La retta è una donazione».
Da dove vengono?
«Vengono da ogni parte del mondo, i più affezionati sono i tedeschi. ma abbiamo avuto anche richieste da americani».


Quanti anni hanno gli studenti?
«Di solito hanno tra i 30 e i 40 anni, sono appassionati, sono studiosi».
La preghiera a cui siete più affezionate?
«Abunah ti bismo, yickattas esmax, ytele molkax...», il padre nostro in aramaico. Così Gesù parlava con il Padre.

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