SavonaUn parroco messo in galera sulla base della sola «testimonianza di una minore, che sembrerebbe provenire da un contesto familiare noto e difficile, nel quale spesso, a detta di parecchi esperti della psichiatria infantile, ci si potrebbe convincere che sia vera una pura fantasia». Un sacerdote «che sembra essere condannato di un reato infamante, prima ancora che le indagini siano terminate e che un rinvio a giudizio e un processo penale siano stati celebrati sul suo conto». Poi, «titoli strillati a mo di sentenze con rito accelerato». La critica del sensazionalismo e dei processi mediatici è senza mezzi termini. Durissima laccusa nei confronti della Procura della Repubblica e dei suoi metodi. E arriva dalla Chiesa, dalla Curia di Albenga-Imperia. Non nel corso di una predica dallaltare, ma attraverso una ferma e ragionata presa di posizione a mezzo stampa. Con un articolo sulledizione domenicale di Avvenire, sulla pagina diocesana.
Ora basta, sembra dire la Curia. Don Luciano Massaferro, parroco di Alassio, si trova in carcere da due settimane. Laccusa è violenza sessuale, perché unundicenne, che frequenta il catechismo e la parrocchia, ha raccontato a una psicologa dellospedale Gaslini di Genova di essere stata molestata sessualmente in almeno tre occasioni. Per la legge non esiste più la distinzione tra le molestie e lo stupro, tutto rientra nel reato di violenza sessuale. E su questa base è stato chiesto e ottenuto larresto in carcere per il don. «Abbiamo letto di una Procura della Repubblica che ha predisposto il fascicolo delle indagini senza aver ascoltato a oggi neppure una volta chi del sacerdote potesse conoscere, giorno dopo giorno, non solo la sua crescita spirituale ma anche le ragioni della sua vocazione», attacca la Diocesi ligure.
E le modalità dellarresto avevano daltra parte già destato stupore. Una decina di poliziotti, pur comportandosi in maniera quantomai professionale e rispettosa, avevano eseguito la perquisizione in chiesa e nei locali a disposizione del sacerdote, avevano sequestrato il computer del parroco dal quale peraltro non è emerso alcunché. Dopo due settimane però i magistrati sembrano convinti che don Luciano possa ancora inquinare le «prove» o ripetere il reato. Perché dopo due interrogatori durante i quali il sacerdote ha risposto a tutte le domande, è stata respinta la richiesta di scarcerazione. Al terzo tentativo, quando i magistrati hanno cercato di interrogare ancora una volta il parroco di Alassio, lavvocato Mauro Ronco, presidente del consiglio dellordine di Torino, e il collega Alessandro Chirivì hanno suggerito al suo assistito di non rispondere più alle stesse domande. Ora, in settimana, toccherà al tribunale del riesame, cui è stata presentata la richiesta di scarcerazione del sacerdote, decidere se sia davvero ancora necessario lasciare don Luciano rinchiuso in una cella o siano venuti meno gli unici motivi per i quali una persona può essere imprigionata.
La comunità cattolica di Alassio, la stessa Curia non hanno subito reagito in modo scomposto. Fin dalla notizia dellarresto hanno ribadito la loro fiducia nel parroco, hanno organizzato preghiere e veglie di solidarietà per aiutarlo a superare questi momenti. Ora hanno deciso di rompere gli indugi: «Siamo stati bombardati da più parti, come un carosello pubblicitario», sbotta la chiesa locale sulle pagine di Avvenire.
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