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Dirigente pdci contro il «traditore» Rossi: «Sono un ex pugile ma non l’ho picchiato»

Nino Frosini, segretario dei comunisti toscani ed ex peso welter, ha incontrato in treno il parlamentare dissidente dopo la caduta di Prodi. «Nessun pugno, è stato solo un buffetto»

da Firenze

Qualche anno e qualche chilo fa era un buon pugile dilettante, peso welter. «Un non disprezzabile praticante della noble art», si definisce Nino Frosini, segretario toscano del Pdci che giovedì sera ha preso a male parole (questo è certo) il «traditore» Fernando Rossi sull’Eurostar Roma-Milano. Stando alla ricostruzione del senatore che ha contribuito a far cadere il governo Prodi, il diverbio si è concluso con un «cazzottone in testa» sferrato da Frosini. Niente di tutto questo, ribatte il contendente. Che a controprova chiama proprio il suo passato pugilistico: «Di pugni in vita mia ne ho tirati tanti, ma solo sul ring. E se avessi davvero colpito Rossi, i segni sarebbero ben visibili. È un’esagerazione di cui Rossi si assume ogni responsabilità, in realtà il mio è stato solo un buffetto, l’ho appena sfiorato sul naso con il dorso dell’indice».
Sarà stato anche un «buffetto», ma tutt’altro che amichevole. Perché Frosini, appena entrato nello scompartimento, ha visto che si sarebbe dovuto sedere vicino a Rossi. Quando si dice il destino. Proprio quel senatore che, seppure ormai fuori dal Pdci, ha scatenato proteste feroci nel suo ex partito, Toscana compresa. «Io accanto a questo non mi siedo», ha detto ad alta voce Frosini. Da qui l’acceso battibecco, fino all’epilogo: «Il mio gesto - dice il segretario toscano - è arrivato solo dopo che mi ha dato del “c...e”. Ma non c’erano intenzioni violente, non voglio lanciare segnali di intolleranza. Ho solo disprezzo morale e ferma condanna politica per quanto ha fatto Rossi al Senato».
Rabbia allo stato puro. Una furia che per Frosini può anche trasformarsi in «repulsione» senza che questo comporti automaticamente passare il limite: «Non ingigantiamo il caso, non c’è stata violenza. Volevo solo evitare di stare vicino a lui: con il suo atteggiamento inaccettabile rischia di far tornare al governo Berlusconi». E poco importa se Rossi si è richiamato a una coerenza ideale con quanto sostenuto anche dal Pdci su temi di politica estera come l’Afghanistan o la base Usa di Vicenza. Per Frosini, che pure aveva promosso una forte presenza del suo partito in Veneto con toni non proprio concilianti («alcuni uomini di governo, pur senza indossare il passamontagna, hanno dato prova di assoluta e pericolosa irresponsabilità», aveva detto alla vigilia), l’argomento non regge: «L’autodifesa di Rossi è inesistente. In particolare perché non tiene conto di una piccola variabile, peraltro da 20mila euro al mese: essere al Senato significa fare politica. Quindi mediazione, anche sofferta, e rispetto della coalizione oltre che dei propri elettori.

Così si dovrebbe capire che questo, nell’attuale quadro, è il miglior governo possibile e che dietro l’angolo c’è solo il ritorno di Berlusconi. Se però tutto ciò non basta e si vuole fare testimonianza, basta non farsi eleggere al Senato». Ecco spiegati il «buffetto» e il «disprezzo morale».

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