Il dirottatore viaggiava con un biglietto dell’Onu

Ankara fa marcia indietro sull’ipotesi di un commando: «Ekinci era solo e disarmato». Ma sapeva bene come muoversi sull’aereo

Gabriele Villa

In ogni caso passerà alla storia come uno dei dirottamenti aerei più strampalati. E più controversi. Quarantott'ore dopo l'atterraggio d'emergenza, nello scalo di Brindisi, del Boeing 737 della Turkish Airlines dirottato martedì pomeriggio, mentre era in volo da Tirana a Istanbul, emergono particolari, come dire, curiosi sulla vicenda.
Per esempio che è stato l'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, Unhcr, a pagare il biglietto a Hakan Ekinci, il «pirata» trentenne di Sirme che, convertitosi al cristianesimo, sostiene di aver fatto quanto ha fatto per non «servire un esercito islamico» e ha chiesto aiuto al Papa con un messaggio ora al vaglio degli inquirenti. I retroscena del viaggio, offerto a Ekinci, sono stati rivelati ieri dal ministro albanese dell’Interno Olldashi secondo cui il giovane turco era arrivato in Albania il 6 maggio scorso a bordo di un volo di linea, e subito dopo aveva chiesto asilo politico sostenendo di non voler continuare il servizio militare in Turchia in quanto cristiano protestante. «Agli inizi di agosto - ha però puntualizzato il ministro - è stato lo stesso Ekinci a presentarsi all'ambasciata turca di Tirana chiedendo invece di tornare in patria e ricominciare a prestare servizio nell'esercito». Dal canto suo il ministro della Difesa Fatmir Mediu, ha spiegato che Ekinci «ha dovuto avant'ieri lasciare l'Albania perché gli era scaduto il permesso di soggiorno. Solo martedì l'ambasciata turca aveva munito il giovane di un documento di identità provvisorio, sostitutivo del passaporto, che Ekinci non aveva più visto avendolo lasciato in un albergo dal quale si era allontanato senza pagare il conto». Da qui la generosità dell'Unhcr che ha provveduto alle spese di quelle che sarebbe dovuto essere il viaggio di ritorno in patria. «È vero - ha dichiarato Laura Boldrini, portavoce dell'Unhcr - abbiamo pagato il viaggio a Ekinci dopo aver verificato che non vi è un respingimento da parte di Tirana, ma che il rientro era volontario. Nessuno poteva immaginare un gesto del genere».
E, a proposito di stravaganze, la giornata di ieri è stata caratterizzata anche da un giallo nel giallo, su un particolare della vicenda tutt'altro che irrilevante: il numero dei pirati dell'aria entrati in azione. Qualcosa di simile ad un braccio di ferro. Da un lato gli inquirenti italiani, che hanno identificato e arrestato Hakan Ekinci come unico autore del dirottamento contestandogli i reati di sequestro di persona e attentato alla sicurezza del trasporto aereo. Dall’altra le autorità turche che, fino a sera, hanno parlato di due pirati dell’aria attribuendo la responsabilità dell’accaduto anche a Mehmet Ertas, di Antakya che, peraltro, dopo essere stato interrogato come gli altri passeggeri, aveva già fatto rientro in patria. Incomprensioni o no, solo in serata il ministero della Giustizia turco si è rimangiato questa tesi. «Mehmet Ertas non c'entra col dirottamento - hanno precisato le autorità turche - la prima notizia su Ertas era arrivata dall'Interpol ma dopo un'indagine fatta dal nostro ministero è stato accertato che Ertas non ha avuto alcuna parte nel dirottamento stesso». «Ekinci era solo e disarmato» aggiunge il governatore di Istanbul.
In ogni caso il governo turco ha confermato che non appena le indagini saranno concluse, chiederà all'Italia l'estradizione del dirottatore. Dirottatore che, secondo le autorità turche non è solo un disertore renitente alla leva, ma è stato condannato anche per tre casi di bancarotta fraudolenta e per un caso di falsificazione di documenti. I particolari del dirottamento sono stati raccontati ieri dal pilota dell'aereo, Mursel Gokalp. «Sono stato ingannato da quell’uomo. Mi ha fatto credere che ci fossero altri complici e che avesse una bomba a mano. Pronunciava continuamente i nomi di tre persone e guardava la porta della cabina». Il pilota ha spiegato anche come il dirottatore è entrato in cabina: «Si può aprire la porta solo con una password. Ma il dirottatore è riuscito ad infilarsi in cabina mentre uno steward vi entrava.

Conosceva addirittura i codici da utilizzare su un aereo nei casi di emergenza. Ho cercato di calmarlo. Mi ha detto che voleva dare un messaggio al Papa ed insisteva per l’atterraggio dell'aereo in Italia, altrimenti minacciava di fare esplodere il velivolo».

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