Roma

Il disavanzo sanitario cresce sempre più: quest’anno arriva a 1,5 miliardi di euro

Previsioni drammatiche per i conti del Lazio. Il ministero dell’Economia ha appena stimato un disavanzo tendenziale che supera le più pessimistiche aspettative. Il debito sanitario dell’anno corrente sarebbe già arrivato a 1,5 miliardi di euro. Ben 200 milioni in più di quello che il presidente della Regione, Renata Polverini, ha riportato nel decreto commissariale modulato sugli incrementi delle aliquote Irap e Irpef. E se si paragona il tendenziale corrente al tendenziale dello stesso periodo del 2009 si vede bene che questo, un anno fa, galoppava già su 1.3 miliardi mentre poi a fine anno si è attestato a 1.6.
Già, ma senza conteggiare i rendiconti di Asl, ospedali, policlinici e Irrcs. Vale a dire che secondo questo schema l’ammanco potrebbe essere ancora più corposo. Sia per l’anno precedente che per il 2010. Un’asciutta analisi dell'ammontare debitorio la stila senza mezzi termini Donato Robilotta (PdL) presidente della federazione regionale dell’Aiccre, Associazione dei comuni e regioni italiane. «Nei prossimi mesi ci saranno parecchie azioni da mettere in campo per abbattere il deficit, prime fra tutte - chiosa il dirigente del PdL intervenendo al convegno Problemi e proposte per la sanità laziale organizzato al forum del Sanit - quelle di risolvere le magagne strutturali, chiudendo i piccoli ospedali e recuperare posti letto per le residenze sanitarie assistite. Certo la Polverini dovrà intraprendere una strada irta di provvedimenti impopolari ma serviranno per la riorganizzazione della nuova rete assistenziale. La chiede il territorio e la chiedono gli odierni protocolli di intervento clinico».
E intanto il management sanitario apre al confronto e alla proposta. Se ne fa portavoce Domenico Alessio, direttore generale del San Filippo Neri e manager di lungo corso che, nello stesso consesso, parla del bisogno di mettere in piedi una forte collaborazione con la presidente Polverini per porre l’accento sulle criticità e sulle proposte di ripiano. E fa qualche esempio: «I costi del San Filippo sono da ripartire per il 60 per cento in costi del personale e per il 40 nel resto del fabbisogno compresa l’offerta sanitaria e questo dovendo garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea)». «Proponiamo che - prosegue - il budget che la Regione assegna alle aziende sanitarie sia giusto nei limiti del mantenimento dei Lea come sancito peraltro dalla carta costituzionale. Di contro però bisogna tagliare gli eccessi. Il nostro ospedale ha una convenzione dal 1971 con posti letto esterni che costa 20 milioni di euro l’anno. Bisogna concludere questo rapporto e riportare i posti letto all’interno. Senza contare che spendiamo un altro milione per l’affitto della sede amministrativa. Anche questa spesa deve rientrare». E quanto alle altre misure di contenimento le proposte del management vanno dal controllo delle diverse specialità mediche ossia mantenere in piedi le eccellenze e chiudere il resto, sviluppare e investire sulla rete dell’emergenza ma anche colmare i gap delle residenze sanitarie. Solo 5.200 posti letto rispetto ai 50.000.

Ma se già la nostra Regione arrivasse a realizzarne solo 13 mila si abbatterebbe di un buon 40 la spesa.

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