Il problema è che è tutto a portata di mano. Troppo. Una vetrina in via Cadibona, a pochi passi dall’Ortomercato. Dentro, un distributore automatico di alcolici. Birra e vino. Chardonnay, Cabernet, Bardolino e Raboso. Vino buono (pare) e a basso costo. Si entra con una bottiglia vuota, si mette la moneta, si riempie la bottiglia. Sette giorni su sette, teoricamente dalle 8 del mattino alle 10 di sera. Un avviso, però, allarga l’offerta: «Vino sfuso 24 ore su 24». Un altro cartello: «È vietato il prelievo degli alcolici ai minori». Insegna lodevole, e secondo la legge. Peccato, però, che nessuno controlli. E così, ad ogni ora, chiunque può fare il «pieno». Minorenni compresi.
E da via Cadibona, la vicenda arriva direttamente in Procura. L’esposto è stato presentato lo scorso 13 agosto dall’associazione «Codici», Centro per i diritti del cittadino. Nel documento, la onlus sottolinea come il «sistema permette a tutti i cittadini di acquistare vino e birra liberamente», andando incontro a una possibile violazione degli articoli 689 e 692 del codice penale, per i quali «chi somministra in un luogo pubblico o aperto al pubblico bevande alcoliche a un minore di 16 anni, a persona affetta da infermità psichica» o «in stato di manifesta ubriachezza» è punito con l’arresto da tre mesi a un anno, oltre alla sospensione dell’esercizio.
Il negozio, tuttavia, il 17 marzo scorso ha passato l’«esame» del servizio Annonaria e commerciale del Comune. L’atto compilato dalla direzione centrale della polizia locale, infatti, precisa che «la normativa vigente nei riguardi dei minori e degli altri soggetti da tutelare prende in considerazione solo l’attività di somministrazione di bevande alcoliche, ma non quella di vendita». Dunque, «non sono state rilevate violazioni a leggi o regolamenti». E proprio sulla sottile distinzione tra «somministrazione» e «vendita» si gioca la partita. Perché secondo gli avvocati Cristiano Cominotto e Francesca Passerini - che hanno redatto un parere legale allegato all’esposto presentato in Procura - esiste un «vuoto normativo» che lascia la materia in balia «di una serie di interventi predisposti ad hoc e rispondenti all’esigenza di arginare situazioni attuali ritenute bisognose di tutela».
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