Da tempo Nanni Moretti gira intorno a questioni alte e delicate: credere, aver fede, sopravvivere. Che sia il comunismo o il cattolicesimo, è uguale. Perché c'è sempre da insegnare qualcosa a qualcuno e stavolta, invece del classico "D'Alema, di' qualcosa di sinistra", in Habemus Papam (domani nei cinema) Nanni fa circolare un abbastanza esplicito "Chiesa, di' qualcosa di umanamente universale". Cioè qualcosa di valido erga omnes. Tutto, o quasi, nell'ultima fatica del (pure troppo) celebrato maestro romano grida il dispiacere dell'uomo contemporaneo (lui stesso, nel ruolo dello scanzonato psichiatra, che cura un Papa depresso) per la perdita della Fede.
A partire dallo Spirito del Tempo, che spira dalle tende color rubino su sfondo nero Velasquez (un nero profondo e pastoso) pendenti dalla finestra della stanza papale, vuota mentre il Pontefice (un Michel Piccoli in stato di grazia) vaga per Borgo Pio in borghese e mangia bombe alla crema, uomo tra gli uomini, smarrito tra gli smarriti... Lui, il papa non lo vuole fare e nel finale lo dirà, urbi et orbi, affacciato dal balcone dell'Angelus. Chi ricorda quel soffio di vento che scompaginava le pagine della Bibbia, posta sulla bara di Papa Woytijla durante le esequie in San Pietro, sa che pareva trattarsi di ànemos: vento e anima insieme. E, certo, si ride parecchio in questa commedia vaticana, drammatica mentre segue Papa Melville (un omaggio al regista Usa) nel labirinto del suo pozzo nero. Dove, magari, potrà soccorrerlo lo psichiatra (un Moretti ironico, amaro, convincente), oppure la di lui moglie (Margherita Buy, in poco più di un cameo), psichiatra lei pure e fissata col "deficit da accudimento". "Non è che, da piccolo, sua madre l'ha seguito poco?", chiede la strizzacervelli al neoletto Pontefice, che in trench e camicia qualunque vaga per Prati, fuggendo dalle sue enormi responsabilità. E c'è Roma, soprattutto, in questo affresco contemporaneo che parla di noi, delle nostre maschere, delle nostre difficoltà a sposare i ruoli assegnati.
Una capitale mai sordida, ma come accarezzata da movimenti di macchina morbidi e radenti: sfilano i palazzi cinquecenteschi di Via Giulia; il cortile rinascimentale di Palazzo Farnese, dove il Moretti-psichiatra ("Dica: ha problemi con la Fede?", rivolto al Pontefice) improvvisa un torneo di pallavolo per i cardinali innervositi da quel latitare del Santo Padre (sostituito da una guardia svizzera grassa e golosa in un gioco d'ombre ad usum populi), il Ponte Sisto dove la gioventù cattolica s'ammucchia, intanto che il papa ancora non ha volto.
Tra fasti pittorici e sapide alternanze di cordiali amarezze, va in scena un tormento che non a caso riguarda la più alta carica del mondo cattolico. Messa sotto accusa per troppo amore, sebbene inconfesso all'autore de La Messa è finita. Ha un bel dire, lo psichiatra Nanni, che "il darwinismo ha una sua terribile bellezza" e che "non c'è nessun senso nella vita".
Un senso c'è, dev'esserci per forza se un ateo dichiarato come Moretti (e ricordiamo che "atheos" in greco non sta per "senza Dio", ma per "abbandonato dagli déi") sente il dovere di girare un film su una figura così sacra e così attaccata, nell'ultimo decennio, da esigere una sorta di riparazione. Ecco che allora il comunista Moretti, il girotondino irriducibile, "lo splendido cinquantenne" (anche se ormai corre per i sessanta), l'autore tra i più interessanti della sua generazione lancia un grido di allarme.
Anche stavolta, come nel caso del film di Faenza su Silvio Berlusconi (ma i due autori hanno nulla in comune, a parte la fede marxista), l'intento era quello di tirar giù dal piedistallo un'icona.
Il risultato, invece, è quello di fare un monumento al monumento. Si, insomma: è un film per cattolici e credenti in Santa Romana Chiesa. Che deve imparare ad aprirsi, a comunicare, a giocare a pallavolo, magari. Chi glielo dice? Nanni Moretti, il solito cattocomunista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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