«Vuole una notizia? Recupereremo alla città lex albergo diurno di Porta Venezia. Questa struttura dimenticata va riabilitata. Potrebbe diventare un grande polo con lo Spazio Oberdan. I soldi? Penso agli sponsor». Promessa dellassessore provinciale alla Cultura Daniela Benelli. Era il novembre 2004.
Applausi allidea di Palazzo Isimbardi di procedere al restauro del Diurno Venezia, che è lunica testimonianza rimasta a Milano di bagno pubblico dellinizio del secolo scorso e che, ancora oggi, è oggetto di studi sia in Italia che allestero. Due anni dopo, febbraio 2006, il Comune di Milano stipula una convenzione con la Provincia per la «concessione del comodato duso per la durata di 25 anni». E la Provincia bandisce un concorso di progettazione per il restauro dellex Diurno, con tanto di mozione «allunanimità» a sostegno del consiglio provinciale.
Ma nelle scorse settimane, sorpresa, Palazzo Isimbardi ha fatto sapere di non essere più interessato alla riqualificazione di quel bene monumentale. Sconcerto a Palazzo Marino. Telefonate, incontri e, alla fine, quasi confidenzialmente gli inquilini di via Vivaio spiegano le ragioni del «no»: è tutta colpa di una mozione firmata dal consiglio di zona 3. Sì, tre paginette dove maggioranza e opposizione del parlamentino di zona chiede «al settore Demanio, Arredo Urbano, Traffico del Comune e allassessorato Cultura della Provincia di Milano» di avviare «un tavolo di progettazione cui possano partecipare cittadini e commercianti di piazza Oberdan» e, attenzione, di «escludere la costruzione di una struttura sopra il Diurno Venezia se non per razionalizzare le edicole e le strutture ambulanti esistenti».
Già, Daniela Benelli e gli uffici dellamministrazione provinciale avevano previsto, nel loro piano di riqualificazione del Diurno, la costruzione di una struttura nello spiazzo soprastante il Diurno: seicento metri quadrati di superficie che, secondo il consiglio di zona 3 e gli architetti del quartiere, sarebbero stati di «troppo, con un pesantissimo impatto sulla piazza». Come dire: senza quella struttura e con appena 25 anni di comodato duso viene meno ogni interesse da parte di «sponsor» ai quali - così sostiene lassessore Benelli - «non chiedo soldi ma spiego i miei progetti sulla città».
Risultato? «Lestremo abbandono di questo spazio prezioso, ulteriormente prezioso perché nel centro di Milano» chiosa Maurizio Cadeo. Annotazione che lassessore al Decoro Urbano fa seguire da un impegno: «Inserire quellangolo dimenticato, quel gioiellino del liberty in una riqualificazione dellarea Oberdan-Buenos Aires.
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