«Secondo lei, il cliente preferisce un taxista che in venti minuti riesca a «recapitarlo» a Linate o uno che, invece, in abito scuro gli spieghi in Oxford english le guglie del Duomo, una ad una, perché tanto per Linate ci vuole unora e mezzo di tempo?». È chiaro il taxi-pensiero allindomani della proposta avanzata dallassessore alle Attività produttive del Comune, Giovanni Terzi, di introdurre un dress code, corsi di lingua e di cultura generale per la categoria.
A riassumere le perplessità è Pietro Fumarola, 38 anni di cui 15 trascorsi alla guida del suo taxi. Bermuda e t-shirt in nuance brasiliana, portata su un sandalo di pelle, lui non si sente affatto fuori posto: «Siamo innanzitutto un mezzo di trasporto. Ed è lefficienza che il cliente ci chiede». La pensa così anche Alberto Pazzini, 43 anni, da 20 alla guida di un taxi per le vie di Milano: elegantissimo, anche sotto la morsa dei quasi 40 gradi, spiega: «Il re è nudo: per lExpo credono che basti darci una ripulita di cui peraltro non tutti abbiamo bisogno, senza però affrontare i problemi veri della categoria». E giù lelenco dei desiderata, dal buono carburante, alle tariffe, al numero delle licenze, alle corsie preferenziali, ai posteggi sprovvisti di toilette. «Mettere al bando i bermuda?», gli fa eco Davide, tassista da pochi mesi, «ma se sono gli stilisti ad averlo sdoganato come capo chic anche in passerella?». Quello delle lingue poi è un falso problema secondo gli autisti: we already speak english, ripetono in coro. Giusto dare la possibilità di «aggiornarsi» a chi lo vuole, ma nessuna imposizione, soprattutto per chi magari non è più abituato a stare sui libri da decenni. Meglio, suggeriscono loro, introdurre un eventuale obbligo per le nuove leve. Franco Patté, novellino non lo è proprio, dopo 23 anni passati al volante: abbigliamento rigoroso, indulge comunque al colore, con un bel pantalone becco doca: «Io, la divisa me la metterei se fossi dipendente. Ad essere decoroso ci penso da solo, non scherziamo». Favorevole al «codice» dabbigliamento «se mi pagano loro» è invece Walter Rho che qualche canotta ed infradito di troppo ammette di averla vista fra i colleghi. Ma anche per lui questa proposta non va al cuore del problema: «Ci vendono lacqua calda: nellabilitazione la prova di inglese cè già». E non è tutto: «Quando facciamo lesame - aggiunge Fulvio Curtarelli, 52 anni, da 15 tassista - cè una prova di conoscenza delle strade a cui è abbinata anche una verifica su monumenti, cinema, ristoranti e luoghi di interesse che si trovano sul percorso selezionato dagli esaminatori. Mi domando se in Comune sappiano come si svolge la nostra prova di abilitazione».
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