Il Dna l’inchioda per stupro, l’arresto dopo 2 mesi

da Milano
Ci deve qualcosa che non va nell’organizzazione dell’apparato repressivo italiano, se due balordi violentano una ragazza il 25 settembre, vengono riconosciuti, arrestati e inchiodati dalla prova del Dna. Ma fermati solo 5 cinque mesi più tardi, dopo essere stati già scarcerati e aver colpito un’altra ragazza. «Colpa dei tempi tecnici degli accertamenti e della redazione delle richieste di arresto» spiega Giovanni Narbone, il magistrato che ha seguito la vicenda.
Questa è infatti la storia di Claudio Strangi, 28 anni, e del cognato Francesco Cannaò, 20, entrambi con una sfilza di precedenti lunga un chilometro. Secondo le accuse, Strangi insieme con Cannaò, ma spesso anche con Maurizio De Luca, 30 anni, colpisce banche, farmacie, passanti. E quando le vittime sono donne, scatta lo stupro. Come sarebbe successo il 21 febbraio al parcheggio del metrò di Bisceglie. Vittima una commessa di 30 anni, minacciata con un coltello, sequestrata per quattro ore, picchiata, violentata da uno dei due, e infine derubata. Dopo tre giorni di indagini, gli autori vengono identificati e arrestati: sarebbero Strangi e Cannaò. Gli stessi due che avrebbero aggredito una ragazza di 25 anni al parcheggio del capolinea del metrò di San Donato, alle 20.30 del 25 settembre 2005. E con la stessa tecnica: coltello, sedili posteriori, sequestro (due ore), furto. Infine la macchina si dirige verso una zona appartata, dove viene costretta a spogliarsi e violentata, questa volta da entrambi. La giovane chiama i carabinieri, indica i mozziconi di sigarette fumate dai delinquenti, utili per la prova del Dna, e riconosce i due nelle foto segnaletiche.
Ma Strangi e Cannaò sarebbero gli stessi che il 3 ottobre avrebbero assaltato una farmacia a Milano e, per scappare, sequestrato il commesso, infilato nel portabagagli della sua vettura e abbondato poi nell’hinterland. I carabinieri li intercettano la sera stessa a Crema, scoprendo che Strangi ha l’obbligo di dimora che gli impedirebbe di uscire da Milano. I due, riconosciuti dalle foto, non vengono però identificati dal farmacista e dal commesso durante i confronti. Cannaò torna libero e il cognato va ai domiciliari per aver contravvenuto l’obbligo di dimora, nonostante siano sospettati anche per la violenza. E infatti il 12 dicembre arriva l’esito del Dna: le sigarette sono state fumate da Cannaò. Ma il Pm chiede solo ora al gip l’ordine di custodia cautelare.
Com’è possibile che due balordi, identificati dalla vittima e inchiodati dal Dna, vengano presi dopo quattro mesi e mezzo, durante i quali hanno commesso altri stupri e rapine?
«E anche arrestati - fa notare Giovanni Narbone - ma i farmacisti all’ultimo minuto non li hanno più riconosciuti e sono stati liberati».
Ma la vittima dello stupro sì.
«Solo dalle foto segnaletiche, poi non fu più fatto il confronto diretto».


D’accordo, ma il 12 dicembre arriva la conferma del Dna, due mesi per chiedere un arresto?
«Possono sembrare tanti, ma deve tener presente il nostro carico di lavoro e la preparazione del castello accusatorio. Io non posso portare davanti ai giudici delle persone con prove e argomentazioni che poi non reggono in dibattimento».

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