«Dobbiamo tornare a giocare a calcio»

Non c’è bisogno di alzare la voce per gridare al pericolo. Andrea Pirlo, bresciano di talento, silenzioso quanto basta per passare spesso inosservato, ha usato un filo di voce ieri a Coverciano per confezionare una denuncia che è poi il manifesto culturale della nuova Italia di Cesare Prandelli. «Il mondiale lo insegna: hai le qualità e vinci. Come?Palla a terra e fraseggi. Ecco, anche noi dobbiamo imparare a giocare, ritrovare lo spirito del gioco» l’analisi brutale di Andrea Pirlo, l’unico architetto di trame calcistiche in circolazione, mancato in modo vistoso all’ultima Italia di Marcello Lippi, mai abiurato, neanche adesso che il Sudafrica è passato restituendoci un calcio depresso e demotivato. «Prima c’era un ct che ha fatto le sue scelte e non hanno avuto successo. Con le sue scelte ci aveva fatto vincere un mondiale, io non lo dimentico. Il gruppo è sempre la base. Ora c’è un altro ct, ha idee diverse, c’è una nuova mentalità e voglia di arrivare al risultato attraverso il gioco» lo scenario preparato da Pirlo.
Senza illudersi granché sul conto di Cassano, ancora alle prese con qualche acciacco, cui ha lasciato anche il numero 10 senza problemi, o di Balotelli ko in Inghilterra. «La qualità l’abbiamo anche in altri, non solo in Antonio. E in ogni caso questi ragazzi devono crescere, tenendo conto che un giocatore da solo, non vince» l’obiezione del milanista. Che a proposito della resa di alcuni giovanotti reclutati per l’ultimo mondiale ha idee chiarissime. «Non avevano l’esperienza necessaria e dinanzi alle responsabilità del mondiale hanno ceduto in modo vistoso» la spiegazione. Condivisa anche l’analisi di Mazzarri, allenatore del Napoli. «Ci sono alcuni giocatori provenienti dalle giovanili privi di alcuni fondamentali: è vero, arrivano giovanotti non ancora all’altezza, la differenza con qualche anno fa si vede. E non mi piace inoltre che i club vadano in cerca di stranieri sconosciuti a discapito di ragazzi nostri da valorizzare»: così la pensa Pirlo che si ritrova a guidare da capitano (in assenza di Buffon) la ciurma azzurra a Tallin per il debutto con l’Estonia, da vincere naturalmente, «altrimenti non è neanche il caso di scendere in campo» la chiosa brutale.
Ma sempre puntando sul gioco e sulla velocità con cui bisogna mandare a memoria schemi e mentalità di Prandelli, «uno che da allenatore ha sempre fatto giocare bene le proprie squadre» il riconoscimento pubblico.

«Chiellini sostiene che ci vogliono 2-3 anni per costruire una grande Juve, qui in Nazionale dobbiamo fare molto in fretta, in 4-5 partite dobbiamo trovare la nuova strada» la riflessione. Chi non ha tempo, non perda altro tempo, allora.

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