Politica

Documenti boomerang

Quando esplose lo scandalo del Sifar, il servizio segreto della prima Repubblica - una cosa seria, sia la prima Repubblica sia il suo servizio segreto sia lo scandalo, niente a che vedere con la pochade messa in scena in questi giorni dal Csm - si scoprì che i 160mila fascicoli raccolti dal generale De Lorenzo e dal suo successore colonnello Allavena e intestati a tutti quelli che contavano, dal Presidente della Repubblica al cardinal Camerlengo e all'ultimo sindaco d'Italia, erano pieni zeppi di ritagli di giornale: i veri spioni erano i giornalisti, gli agenti del generale De Lorenzo e del colonnello Allavena raccoglievano e collezionavano la loro spazzatura.
Tuttavia c'erano poi le «informative», siglate dagli agenti segreti o dai loro informatori, frutto delle vere e proprie spiate, dei pedinamenti e delle intercettazioni, c'erano le ricevute dei pagamenti e le fotocopie degli assegni. Che cosa invece c'è nei documenti sequestrati nel presunto archivio di Pio Pompa, diligente analista del Sismi diretto fino a qualche tempo fa dal generale Nicolò Pollari?
Non c'è niente di tutto questo, niente di niente. I presunti fascicoli, i presunti dossier, le presunte schedature del servizio segreto che spiava i magistrati, più di 200 in Italia e all'estero, non esistono. L'archivio segreto di Pio Pompa non contiene nemmeno i ritagli dei giornali, perché la rassegna stampa dell'analista del Sismi era fatta in Internet, e solo di notizie ricavabili da Internet, e ricavabili da tutti, senza bisogno della password degli 007, è fatto l'archivio «segreto» di Pio Pompa. Non c'è una sola informativa, una sola intercettazione telefonica, una sola fotografia.
Ma Pompa cercava su Internet, denunciano le vergini violate (come le chiama il presidente dei senatori dell'Ulivo, la senatrice Anna Finocchiaro), solo le notizie, e sia pure le notizie alla portata di tutti, solo di una «parte» della magistratura, soltanto di un certo «tipo» di magistrati, quelli di un certo orientamento culturale e politico. E si danno clamorosamente la zappa sui piedi, per la prima volta sono loro stessi, e in un documento ufficiale, stilato, discusso e votato in conclave dal massimo organo rappresentativo della magistratura, sono essi stessi a riconoscere, quasi ad esaltare ciò che hanno sempre negato: che esistono le «toghe rosse», queste e solo queste nel mirino di Pio Pompa. Anzi, sono essi stessi che lo sostengono: solo noi «toghe rosse» eravamo spiati, e non da un qualsiasi Pio Pompa, scheggia deviata del servizio, ma dal Sismi, dal servizio segreto militare nel suo complesso e nella sua totalità.
E questo Sismi, se non era totalmente deviato dalla cima del suo direttore alla base della segretaria dell'ultimo agente, perché spiava solo le «toghe rosse»? Nell'interesse e per il volere di chi, se non per ordine del Governo di centrodestra che ha governato dal 2001 al 2006? Questo, al di là di tutte le ipocrisie, dice il documento del Csm: i magistrati, le toghe rosse sono state spiate per volontà del Presidente del Consiglio, il pluriindagato e processato dalle stesse toghe rosse Silvio Berlusconi.
Se le cose stanno veramente così, come denuncia all'unanimità il Csm, altro che commissione d'inchiesta, come suggerisce il ministro della Giustizia con il pieno accordo, questa volta, della sinistra più radicale. Se il Sismi, il servizio segreto nel suo complesso, ha spiato le toghe rosse per volontà e per ordine di Berlusconi, non basta, non serve a nulla la commissione d'inchiesta. È Berlusconi che va trascinato e processato dinanzi al Tribunale dei ministri. Se ne sono resi conto i consiglieri togati e i consiglieri laici del Csm? Hanno fatto mente locale, mentre votavano questo documento, gli esponenti delle varie correnti della magistratura, gli estremisti e i moderati, quelli di centrosinistra e quelli di centrodestra e quelli di centro? Se ne è reso conto il vicepresidente Nicola Mancino, già ministro di molti Governi e Presidente del Senato della (prima) Repubblica? Ed è mai possibile che a questo documento abbia potuto dare il suo «avallo», come dicono, lo stesso Presidente della (seconda) Repubblica? Per molto meno, per il solo fatto che il Csm aveva mostrato l'intenzione di mettere all'ordine del giorno dei suoi lavori e di discutere di una decisione del governo dell'epoca, l'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga minacciò di mandare al Palazzo dei Marescialli i carabinieri, e li aveva già precettati.
Forse hanno scherzato, questo documento del Csm alla fine non è e non poteva essere una sentenza, il Csm non poteva certo sostituirsi ed espropriare il magistrato competente che sta ancora indagando sui fatti. Solo lui potrà decidere se Pio Pompa e il suo direttore Pollari e il Sismi tutto hanno commesso qualcosa di illecito, e magari potrà concludere che comunque non c'è il reato.
In ogni caso, il documento del Csm è soprattutto un documento autolesionistico un vero e proprio boomerang ed è destinato a danneggiare innanzi tutto la magistratura e i magistrati. Per vararlo, hanno scelto il momento peggiore, proprio quando il Parlamento sta per varare la nuova riforma della Giustizia, quella che dovrebbe bloccare e sostituire la riforma fatta dal centrodestra. L'impresa, già difficile, rischia di diventare impossibile.
Questa iniziativa del Csm, invece di contribuire a distendere gli animi, ad abbassare i toni dello scontro tra la maggioranza e l'opposizione, ad incoraggiare magari uno sforzo bipartisan, ha rovesciato il tavolo. È un boomerang o l'hanno fatto apposta? I magistrati, proprio loro, non vogliono la riforma della Giustizia, né quella del centrodestra, né quella del centrosinistra. E hanno voluto lo scandalo al momento giusto, proprio il giorno in cui al Senato si dovrebbe votare la riforma (mentre le cose, i fatti, i misfatti presunti sono noti a tutti dal mese di novembre dell'anno passato, da almeno otto mesi).

Nell'interesse della stessa magistratura, naturalmente.
Lino Jannuzzi

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