Accolto il rito abbreviato per Doina Matei, la romena accusata dellomicidio di Vanessa Russo, la giovane deceduta dopo essere stata trafitta a un occhio con un ombrello nellaprile scorso alla fermata della metropolitana di Termini.
Il giudice per ludienza preliminare Donatella Pavone ha aggiornato ludienza al 17 dicembre prossimo, accogliendo la richiesta della difesa di rito abbreviato condizionato allaudizione di un consulente tecnico. Ha così disposto il confronto tra lesperto scelto dal pm Sergio Colaiocco e quello nominato dai difensori della romena, gli avvocati Carlo Testa Piccolomini e Giuseppe De Napoli, ossia Maurizio Vaccaro dellistituto di medicina legale della Sapienza. Alludienza, che era a porte chiuse, ha partecipato anche Doina che, scortata da unagente della polizia penitenziaria, ha preannunciato per la prossima udienza dichiarazioni spontanee.
In aula cera anche Rita, la mamma di Vanessa, che si è costituita parte civile con il resto della famiglia e i nonni della ragazza. «Un mese di agonia - ha detto la donna, quando il Gup ha disposto il rinvio -. Spero comunque sia fatta giustizia».
La presunta aggressione risale al 26 aprile scorso, mentre il giorno dopo Vanessa morì al policlinico Umberto I, dove era ricoverata. Doina Matei, infatti, ha sempre sostenuto che non era sua intenzione uccidere la ragazza e di averla colpita in una difesa da un tentativo di aggressione da parte della romana. Nelle motivazioni con cui il tribunale del Riesame il 21 maggio scorso respinse la richiesta di scarcerazione della romena, i giudici scrissero che la romena avendo usato un ombrello «come unarma impropria da punta non poteva non accettare il rischio dellevento letale».
In sostanza i giudici del Riesame, presieduti da Francesco Taurisano, ritennero come pacifico, in merito allelemento materiale del reato, che a provocare la morte della Russo sia stato lombrello impugnato dalla straniera. Su quanto riferito da Doina, ossia che avrebbe reagito a unaggressione perpetrata i suoi danni dalla vittima, il Riesame ritenne invece che la condotta della Russo non interagiva con lazione omicidiaria.
I giudici, infine, affermarono la sussistenza del pericolo di fuga, rischio che sarebbe anche legato alla circostanza che laccusata subito dopo i fatti scappò, per essere poi rintracciata e fermata dagli investigatori il 29 aprile a Tolentino, nelle Marche.
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