Dollaro debole, il G7 non frena super-euro

Timori per le Borse dopo lo scivolone di venerdì a Wall Street

nostro inviato

a Washington
Il dollaro, dopo il minimo storico nei confronti dell’euro toccato la settimana scorsa, potrebbe ancora deprezzarsi alla luce del comunicato del G7. Evitando accuratamente di menzionare il cambio euro-dollaro come un problema aperto, i ministri finanziari del Gruppo dei Sette sembrano aver concesso il «semaforo verde» a un nuovo ribasso della moneta Usa. La controprova è attesa a partire da stamattina, alla riapertura dei mercati valutari, dopo che venerdì la divisa statunitense ha toccato il minimo di sempre sull’euro, a 1,4319. «L’assenza di commenti da parte del G7 può spingere il dollaro a quota 1,45 nel giro di un mese», sostengono alcuni analisti americani.
«Nella prospettiva di medio termine, il dollaro è sottovalutato», ammette il direttore generale uscente del Fmi, Rodrigo de Rato. Ma nel breve, aggiunge, non sembra probabile un’inversione di tendenza. Inoltre, è molto dubbio che l’invito alle autorità cinesi per lasciare lo yuan libero di apprezzarsi possa sortire rapidi risultati. Dall’inizio dell’anno, la moneta cinese si è deprezzata del 4,1% nei confronti dell’euro, rendendo ancora più appetibili - se mai fosse possibile - le merci provenienti dalla Cina. L’Unione europea si prepara a una missione a Pechino, fissata per fine mese e guidata dal commissario Almunia e dal presidente della Bce Jean-Claude Trichet, per discutere dei cambi.
Incertezza diffusa anche per quanto riguarda il mercato azionario americano che venerdì, nell’anniversario della crisi dell’87, ha perso il 2,64% nell’indice Dow Jones. Nel comunicato finale della riunione, il Gruppo dei Sette riconosce che, dopo la crisi di agosto, il funzionamento dei mercati finanziari è migliorato, «ma le condizioni d’incertezza persisteranno per qualche tempo, e andranno monitorate strettamente». «La situazione è ancora molto delicata, ma a questo punto - osserva il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, parlando informalmente con alcuni giornalisti - più che i comunicati del G7 contano le notizie e i segnali che provengono dall’economia americana». Si tratta, in particolare, di capire se la recessione finora limitata al settore degli immobili si possa estendere all’intera economia Usa. Il Fmi ha già tagliato le stime di crescita 2008 negli Usa, dal 2,8 all’1,9%. Per quanto riguarda, invece, l’Italia il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa vede «prospettive favorevoli». Il nostro Paese, ha detto Padoa-Schioppa nel suo intervento all’International Monetary and Financial Committee, «è meno esposto di altri ai rischi legati ai mutui sub prime».
L’incertezza coinvolge anche il super-fondo da 75 miliardi di dollari messo in piedi da alcune delle più forti istituzioni finanziarie private Usa, come JP Morgan, Bank of America, Citigroup e Fidelity: non si sa ancora bene come e quando potrà incominciare ad essere operativo. E, ovviamente, c’è molta attesa per la riunione del Federal Open Market Committee della banca centrale americana, il 30 e 31 ottobre, in cui si potrebbe decidere una nuova riduzione dei tassi d’interesse.

Giovedì 25 si riunisce anche il Consiglio della Bce, ma è molto probabile che il presidente Trichet e gli altri governatori europei decidano, prima di muoversi, di attendere i segnali di politica monetaria provenienti dall’America.

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