Dolore e silenzio nel paese di Vittorio Arrigoni

Il militante filo palestinese, sequestrato a Gaza nei giorni scorsi, nonostante l’imposizione di un ultimatum è stato ucciso quasi subito. Per togliergli la vita l'hanno strangolato. La dignità della madre, Che è anche sindaco di Bulciago (Lecco). I motivi del brutale omicidio: ASCOLTA L'AUDIO

Dolore e silenzio nel paese di Vittorio Arrigoni
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nostro inviato a Bulciago (Lecco)

C'è una pennellata di serenità sulle labbra di Egidia Beretta Arrigoni, quando parla del «suo» Vittorio. Sulla soglia della villa di famiglia, che spunta giusto sul dosso di via Papa Giovanni, a Bulciago, la mamma di Vittorio Arrigoni, il giovane attivista filopalestinese ucciso a Gaza, si sforza di interpretare, con dignità, senza versare una lacrima, il suo doppio, scomodo, ruolo di madre affranta e di sindaco chiamato a commentare, per doveri istituzionali, la perdita di un figlio di questa piccola comunità del Lecchese. Così, forse per non affogare nel mare tumultuoso delle emozioni, il sindaco si aggrappa, come fosse un salvagente, alla frase che suo figlio ripeteva spesso: «Restiamo umani». Certo ben poco umani sono stati i suoi carnefici, quel manipolo di ultra-integralisti che a Gaza lo hanno rapito e ucciso quasi subito, strangolandolo con un filo metallico e facendolo trovare già morto in un angolo, con un giaccone nero indosso e il capo coperto, al commando di Hamas che ha fatto irruzione nel covo dove lo avevano filmato lanciando un ultimatum la cui scadenza neppure loro hanno rispettato.

«È una donna forte, combattiva, Egidia Beretta Arrigoni - commentano al bar Centrale di piazza Aldo Moro a Bulciago -. Io non so se mia madre avrebbe parlato con quel sereno distacco di me se avessi fatto la stessa fine di Vittorio. Sono rimasta di gelo quando l'ho ascoltata al tg davanti alle telecamere - ammette da dietro al bancone Patrizia Cattaneo, coetanea della sorella di Vittorio, Alessandra, e che casa Arrigoni aveva cominciato a frequentarla fin da piccola -. Mi ricordo di Vittorio bambino: se ne stava in disparte, sempre assorto nei suoi pensieri. Dopo la maturità ha cominciato a viaggiare anche se doveva aiutare il padre Ettore nella sua attività impenditoriale. Poi l'ho perso di vista tanto che tempo fa, quando è entrato al bar con quella sua canottiera attillata e le braccia tutte tatuate, ho stentato davvero a riconoscerlo».

Se il padre, oggi in pensione, tace, distrutto dal dolore, la moglie Egidia Beretta Arrigoni, un passato da rocciosa comunista, oggi al secondo mandato alla guida di una coalizione di centrosinistra, spiega con voce pacata ai giornalisti che «Vittorio sarebbe dovuto rientrare molto presto, ci sentivamo regolarmente la domenica, era sempre tranquillo. Era un ragazzo con la testa sulle spalle, non si metteva mai intenzionalmente in pericolo». E in effetti la ricostruzione delle ore prima del sequestro indica un Arrigoni tranquillo. Era stato nella solita palestra di Tel al-Hawae, poi aveva prenotato un tavolo in trattoria. Poche ore più tardi il suo cadavere sarebbe stato ritrovato in un appartamento nel rione di Qarama, a nord di Gaza, le mani legate dietro la schiena.

Sul molo di Gaza i tanti amici che ben conoscevano «l'italiano tatuato» hanno innalzato una tenda nera sotto la quale ritrovarsi a piangere mentre a Bulciago, quasi tremila chilometri di distanza, dove in pochi se lo ricordano o possono dire di conoscerlo bene, ieri sera alla palestra delle elementari hanno organizzato una veglia di preghiera. Da un lato la Brianza verde e placida di questo paesetto, che somiglia a un toboga con le sue strade saliscendi, dall'altro quella Striscia sempre in ebollizione. Assorti nella partita a scala quaranta, gli anziani riuniti al Circolo ricreativo «Terza età» non gradiscono la visita del cronista. «Non lo conoscevamo, non lo conosceva nessuno qui. E poi è morto là, quindi - sbotta il più ”educato“ - tutto ok». Come tutto ok, insistiamo.

«Tutto ok perché non è successo qui, quindi è un problema di quelli là dove andava lui. Adesso basta, ci lasci in pace».

Latita il parroco don Fabrizio che affida al Vicario don Virginio una parola di fede: «Anche se Vittorio era poco conosciuto qui a Bulciago è giusto dire che aveva fatto delle scelte difficili, di testimonianza. E per quelle scelte ha pagato con la vita». Due pie donne, Maria Rosaria e Valeria, hanno aperto la cappellina della Madonna, su in via Cantù. «Così se qualcuno vuol fermarsi a dedicargli un pensiero può farlo».

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