Non cerano dubbi che tra Genova e la Melato in diciotto anni di sodalizio con il Teatro Stabile si fosse creato un forte rapporto, ma gli applausi che hanno accolto l'attrice al suo ingresso in scena e l'hanno ringraziata e salutata al termine dell'esibizione alla prima de «Il Dolore» non sono stati che la piena conferma di quanta stima ed affetto il pubblico genovese nutra per lei. Unovazione di dieci minuti per una grande interprete della nostra scena in uno spettacolo che la vede protagonista assoluta di un dramma comune a tante donne, raccontato in un diario in due quaderni da Margherite Duras con parole che sono più un suono intermedio tra il grido e il silenzio in un linguaggio che più che espressione di pensiero è quella dello stato del corpo. La Melato approfittando del forte rapporto intimo col suo pubblico che non ha mai sentito come un'entità astratta ma come un insieme di personalità presenti ed importanti, instaura un dialogo di profonda amicizia con ciascuno di loro e si racconta e si apre per confidare pensieri, emozioni, stati d'animo, attraverso flash scaturiti dallo sconvolgimento del dolore. Lo fa con una recitazione semplice e diretta, quella dei grandi, muovendosi in una scenografia che si sviluppa su tre livelli: un proscenio, per un contatto diretto con gli spettatori, un livello più interno che è quello della quotidianità dove è ambientata la casa in cui vive, ed un livello più lontano dal pubblico, quello simbolico. Ed è proprio quando è seduta su una sedia all'estremità del proscenio che dice le parole più difficili, un fiume di riflessioni su quel dolore talmente forte che non era possibile non avvicinarlo il più possibile agli spettatori. Quegli spettatori che in silenzio assoluto per un'ora e un quarto hanno tenuto il fiato sospeso per condividere con lei quellatroce attesa dove cè qualcosa di eroico e dolente, lo smarrimento del precipizio, ma anche la forza di andare avanti, quel sentire la vita che malgrado tutto pulsa ancora nelle vene.
Mariangela non fa mai neanche per un attimo la Duras nel raccontare il suo diario privatissimo, ma resta sé stessa e per questo risulta così speciale e accattivante in un'interpretazione graffiante e viscerale studiata con cura assieme al regista Massimo Luconi.Lo spettacolo in scena al Duse resterà fino al 30 aprile.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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