Don Camillo nella steppa

C hissà che cosa avrà pensato Giovannino Guareschi rivedendo le sue storie, intrise degli umori della terra emiliana, degli affetti familiari, dei valori civili e religiosi del “mondo piccolo” della bassa padana, riambientate - nelle edizioni straniere dei suoi racconti - tra i canali olandesi, i boschi d’oltralpe o la steppa ungherese. Lui che in ogni sua opera, a partire dalla prefazione al Don Camillo, era solito rivendicare fieramente l’origine emiliana dei suoi racconti: «Il Po comincia a Piacenza, e a Piacenza comincia anche il Mondo piccolo delle mie storie». Si sarà sorpreso, indispettito, realizzando poi che sono anche (e soprattutto) quelle tavole, così diverse dall’originale, a svelare il segreto del suo successo nel mondo. Perché le opere di Guareschi, dai romanzi umoristico-sentimentali dei tempi del Bertoldo alle pagine dolenti scritte nei mesi dell’internamento e nel primo Dopoguerra, fino ai racconti di vita familiare (Corrierino, Zibaldino) e alla più famosa saga del Don Camillo, hanno una doppia peculiarità: da un lato, quella di offrire uno spaccato di vita civile, politica, letteraria e del costume del nostro Paese; dall’altra, quella di esprimere tematiche e archetipi universali, entrati nell’immaginario collettivo, sia per la scrittura, essenziale e diretta, sia per i contenuti: la vita contadina con i suoi umori, valori, ritmi, abitudini di umanità spicciola. Non è stato difficile quindi, per professionisti come Kelemen Istvan, Karel Thole o Gus Bofa, illustrare le edizioni straniere del mondo guareschiano, e dimostrare ancora una volta come don Camillo, Peppone, Lo Smilzo, Il Brusco o Giaròn il carrettiere siano personaggi eterni, capaci di adattarsi a qualsiasi epoca e società.
Con questo spirito sarà inaugurata stasera, ore 19, all’Umanitaria (via San Barnaba 48, ingresso libero), la mostra «Don Camillo nel mondo» (preceduta alle 18 dalla presentazione dei libri di Marco Ferrazzoli Non solo don Camillo e di Egidio Bandini Quante storie, Giovannino!). Sessanta tavole originali dei più grandi artisti europei che hanno illustrato, dagli anni Cinquanta fino all’ultimo decennio del Novecento, le edizioni straniere della fortunata saga: «Don Camillo», «Don Camillo e il suo gregge», «Il compagno don Camillo», «Gente così»... Con una particolarità: gli illustratori reinterpretano il “mito” del parroco più tradotto al mondo ambientando nella propria terra le storie nate nella bassa emiliana, sulla riva destra del Po. Sono paesaggi ungheresi, quelli di Kelemen Istvan, dove Peppone porta un cappellaccio con la stella rossa sull’ala, e don Camillo ha la consistenza di un granitico contadino delle Puszta; sullo sfondo le colline, i torrenti, le piazze circondate da case bianche e basse, immerse in un verde che è solo mitteleuropeo. Così Karel Thole, pur concedendo poco all’ambientazione dei suoi disegni, arriva quasi a «italianizzare» la sua Olanda, riconoscibile dai tratti delle strade e dalla vastità degli orizzonti; al centro un omone, che somiglia curiosamente al Gastone Moschin del film «Don Camillo e i giovani d’oggi». E poi le tavole di Gus Bofa, con le atmosfere della Svizzera francese, tra fitti boschi e valli d’oltralpe; o quelle dell’italiano Gipi, che negli anni ’90 illustrò l’edizione del Don Camillo allegata al settimanale satirico Cuore. Immagini che testimoniano l’attenzione degli editori internazionali all’opera guareschiana e, al tempo stesso – osserva il curatore, Egidio Bandini - la volontà degli artisti di “distinguersi” nella caratterizzazione dei personaggi, a partire dalle copertine dei volumi: singolari, colorate, nettamente diverse dalle originali italiane.

Ma c’è di più: gli artisti, con i loro disegni, hanno voluto dar corpo e voce alle tre storie che Guareschi aveva pubblicato nei primi anni sul Corriere della sera e che poi riutilizzò nella prefazione ai racconti del Mondo piccolo. Storie, spiega Bandini, «che l’autore stesso non aveva mai fatto illustrare, ma che devono aver colpito talmente gli illustratori esteri, che tutti vi dedicarono uno o più disegni».

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