Don Rigoldi: «Ordinanze punitive». Scontro col Comune

Ha partecipato alla Barona alla festa di chiusura della campagna elettorale di Filippo Penati, che lo ha arruolato fra i suoi «sostenitori». Enrico Marcora dell’Udc lo voleva assessore al Welfare. Prete «di frontiera» e cappellano del carcere minorile Beccaria, don Gino Rigoldi con tutti era schierato tranne che con Guido Podestà. E ieri all’Ambrosianeum ha criticato il neopresidente della Provincia, «reo» di aver annunciato il suo impegno prioritario in tema di sicurezza. Si è detto «molto turbato», don Rigoldi, alla presentazione di «Milano 2009», il rapporto sulla città dedicato ai giovani: «Molto turbato che il nuovo presidente della Provincia dica che la priorità è affrontare il tema della sicurezza». A rispondergli immediatamente i due assessori comunali che si occupano di questi problemi: Mariolina Moioli e Gianpaolo Landi di Chiavenna, che hanno rivendicato il rispetto delle regole e la prevenzione come valori assunti dal Comune nella sua azione amministrativa.
«Sicurezza è la parola del Diavolo - ha detto il sacerdote - perché divide. Quando penso alla sicurezza penso a uno che si fa i muscoli contro un nemico, che si difende, ma la sicurezza si ha quando tutti hanno una casa, un lavoro, i diritti. È vero che chi delinque va punito - ha ammesso - ma guai se l’aria che tira è quella di difendersi dai nemici: così si distrugge la città».
Fin qui le critiche al centrodestra. Più sorprendente il giudizio su Penati stesso e la sinistra: «Va dietro agli altri e fa gli stessi errori - ha riconosciuto -. L’impressione che ho è che i politici abbiano una vita parallela, gli uni e gli altri». «Quando parlano di periferie - ha osservato - salta sempre fuori questo tema della sicurezza, ma io vedo la povertà, la disoccupazione, il problema degli anziani, della casa: ma dove vivono i politici? Secondo me non sanno nemmeno quanto costa un chilo di pane».
Bocciate anche le ordinanze comunali su droga e prostituzione, e le possibili misure contro il consumo di alcol da parte dei minori: «È una cosa già sentita - ha commentato - si chiama tolleranza zero e dura una settimana, massimo 15 giorni, poi tutto torna come prima. Coi ragazzi bisogna parlarci. I giovani non li si educa né coi bandi né con le ordinanze».
L’assessore Moioli, che ha assistito alla presentazione del rapporto, ha ribattuto: «Le nostre scelte guardano tutte all’accoglienza, ma senza regole l’accoglienza è buonismo e assistenzialismo fine a se stesso».
A chiarire a tutti la posizione del Comune è arrivato anche l’assessore alla Salute Gianpaolo Landi di Chiavenna: «Sembra che don Rigoldi dica di far sbagliare i ragazzi come metodo per insegnare loro qualcosa: non sono affatto d’accordo.

Assistiamo a giovanissimi che cercano di perdere la coscienza di sé tramite l’alcol e questo è grave. Noi non siamo per la proibizione ma per la prevenzione e la responsabilità. È dovere delle istituzioni tutelare questi ragazzi».

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