Da Donadoni a Casini la segreta speranza dei cattolici separati

Il leader Udc: «Ci sto male ma lo accetto». L’europarlamentare Gardini: «Posizione che condivido»

da Milano

Un «vade retro» se lo sono presi un po’ tutti. Perché qui, par di capire, non vale l’italica regola del «fatta la legge trovato l’inganno», e nemmeno quella, figurarsi, del «lei non sa chi sono io». Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI poi sono stati chiarissimi nel dire che il matrimonio è indissolubile e quindi l’Eucarestia non spetta ai divorziati risposati. Solo che, obiettano molti dei vip peccatorum, non è che sia proprio semplice interpretare la volontà del Sommo Legislatore.
Così, ci sono quelli che obbediscono senza fiatare. E quelli che invece più volte han dato fiato alla protesta. Tutti, naturalmente, «con sofferenza» e «da cattolici». Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, per dire, è uno che se n’è fatto una ragione: «La Chiesa non mi dà la Comunione perché sono divorziato. Questo mi fa soffrire ma lo accetto», diceva nel febbraio dell’anno scorso rivendicando il suo sacrosanto diritto a difendere, anche da un pulpito un po’ scomodo, la famiglia dai Dico. Sofferente ma ligia anche Elisabetta Gardini, attrice e conduttrice tv prima di diventare deputata azzurra e poi europarlamentare Pdl, che nel gennaio scorso ha commentato così la sua condizione di madre divorziata e da anni convivente: «La cosa che da cattolica divorziata mi fa soffrire di più è l’esclusione dalla Comunione. L’esser lì e non poter partecipare al momento centrale della messa. Ma capisco e condivido la posizione della Chiesa». Perché, aggiungeva, la sofferenza «nasce dal ritrovarmi in una posizione sbagliata». Se Paola Binetti le consiglierebbe il cilicio, altri han preferito le crociate. Pippo Baudo su tutti, appena può lancia anatemi, una volta accusò i vescovi di «posizioni khomeiniste». Non fu da meno Al Bano Carrisi, che arrivò a minacciare di non battezzare la figlia Jasmine, nata dal suo secondo matrimonio con Loredana Lecciso, perché don Mimmo, allora parroco del paese del brindisino Cellino San Marco, non voleva che Baudo e Rita Dalla Chiesa, lei pure divorziata, la tenessero a battesimo. «Mia figlia sarà cristiana come me. E soprattutto Baudo, che per il sottoscritto è come un fratello, le farà da padrino». Macché, vinse il parroco, e a nulla valsero le accuse di «ghettizzazione ingiusta» della ex moglie di Fabrizio Frizzi.
Vittima incarognita del veto clericale fu anche Laura Biagiotti, era il 1993 e lei, divorziata e sposata in seconde nozze con un divorziato, s’indignò di fronte a quella che definì «la porta dell’ovile sbattuta in faccia a milioni di pecorelle smarrite» all’urlo di: «È una cosa medievale». E se Enrico Montesano, uno cresciuto alla scuola dei preti somaschi, parlò di «incursione dei vescovi in camera da letto», più prudente, al limite dell’imbarazzo, fu l’allora centrocampista del Milan, oggi allenatore della nazionale, Roberto Donadoni. Stava pensando al divorzio e, cattolicissimo, chiese tolleranza: «I vescovi sono troppo severi».
E poi ci sono gli esclusi per conto terzi. Come Maria De Filippi, moglie di Maurizio Costanzo.

Che di recente, nella sua prima intervista Tv a «Il senso della Vita» ha confidato a Paolo Bonolis: «Credo in Dio, ma la Chiesa mi allontana. Sono sposata con un divorziato e non posso accedere ai sacramenti. Al matrimonio di mio fratello mi rifiutarono la Comunione. Avrei dovuto pentirmi della scelta d’amore che ho fatto?».

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