Europei 2008

Donadoni: "Nessuno imporrà De Rossi"

Il ct alla sbarra risponde alle accuse della stampa romana: "Se pensate che faccia giocare chi volete voi, vi sbagliate. Con me non funziona così. Perrotta a sinistra? Il mondiale tedesco è finito..."

Donadoni: "Nessuno 
imporrà De Rossi"

Baden - «Me l’aspettavo, non sono così ingenuo». Roberto Donadoni affronta il suo martedì nerissimo dinanzi al plotone d’esecuzione della sala stampa di Baden col cipiglio canonico. Lo scortano, per dovere d’ufficio e per sentimento autentico di solidarietà, Giancarlo Abete e Demetrio Albertini, l’ex sodale che lo portò in azzurro. Sono lì per dimostrare che è l’ora che volge alle decisioni irrevocabili: rialzarsi o uscire dall’europeo. «Già nella qualificazione siamo partiti in salita, spero si ripeta l’epilogo. Abbiamo 2 partite alla nostra portata» detta Abete, il presidente federale senza riuscire a fermare l’assedio. I titoli dei giornali («Ridateci Lippi») e i toni dei commenti (disastro, scoppola, umiliazione, serata nera) spediscono il ct dietro la sbarra.

Sembra preparato al fuoco di fila, Donadoni l’acerbo e puntiglioso, e invece ingaggia con alcuni cronisti un paio di duelli rusticani. Tira fuori gli aculei, chiosa in modo acido talune letture catastrofiche («noi dominati?, una vostra valutazione» oppure «siete stati bravi ad accorgervi che Materazzi era giù di forma»), si difende sventolando lo score della sfida («loro hanno commesso 20 falli, noi 10, erano più aggressivi di noi di sicuro, loro 51% di possesso palla, noi 49%, nei primi minuti noi 2 tiri in porta loro 1») prima di ammettere, estenuato, in fondo all’ora di botta e risposta: «Dopo un 3 a 0, forse qualcosa di sbagliato c’era». Avessero insistito, si sarebbe assunto magari la colpa della “monnezza” di Napoli e dintorni.

È il sangue che vogliono, pretendono la pubblica confessione di colpevolezza dinanzi al naufragio. E invece Donadoni prova a misurare aggettivi, ad aprire scenari banali. «Abbiamo provato tanta amarezza ma abbiamo anche tanta carica per risalire la china» è l’espressione più utilizzata nella, vana, speranza che possa bastare. E invece no, chiedono una pubblica confessione, nascosta dietro una smaccata esibizione di interessi editoriali. «Perché fai giocare il centrocampo del Milan che è arrivato dietro la Roma di 18 punti?», una delle prime frecce avvelenate. «Allora non avrei dovuto nemmeno convocarli» la sua risposta prima di avvertire la platea giallorossa. «Se pensate che io debba far giocare De Rossi perché me lo chiedete voi, avete sbagliato indirizzo, non funziona così con me» si ribella. E a chi, stessa area editoriale, suggerisce l’utilizzo di Perrotta esterno sinistro, come al mondiale di Germania, con Lippi ct, la replica è una porta sbattuta in faccia: «Non siamo più a Germania 2006».

Quando il gioco si fa leggermente meno duro («non faccia dello spirito su questa sconfitta gravissima» gli intima uno di noi), allora Donadoni è in grado di allestire uno straccio di difesa. E così ammette: 1) «è vero, non siamo brillanti dal punto di vista fisico ma non lo sono neanche i nostri rivali»; 2) «troppo semplice dire è tutto sbagliato, non c’è la controprova»; 3) «mi sono piaciute le scuse di Buffon ai tifosi delusi dalla sconfitta, che sia stata la più brutta degli ultimi 20 anni non me l’ha detto»; 4) «Barzagli non ha bisogno dell’accompagno ma di 10 compagni in forma»; 5) «si può cambiare formazione e anche modulo contro la Romania, Del Piero e gli altri entrati nella ripresa mi sono sembrati più reattivi»; 6) «Di Natale ha pagato lo scotto mentale del debutto nel grande torneo».

La conclusione è una, accolta come una minaccia più che una promessa: «Il 3 a 0 non ha incrinato le mie certezze, una brutta pagina non cancella due anni di lavoro». La conclusione, forse, è un’altra. Donadoni, da Ct, si può difendere a mani nude. Non ha un curriculum da esibire, una medaglia d’oro da appendersi sul petto. Al massimo della difficoltà dialettica sapete cosa tira fuori? «La mia Italia ha vinto in Scozia dove non c’era riuscito nessun altro italiano» ripete. E non può godere neanche di un paracadute: non ha Cannavaro, il primo gol è un pasticciaccio brutto di arbitri e Uefa ma nessuno glielo riconosce. Lui stesso se ne rende conto. «Non cerco alibi» ripete orgoglioso. Persino la telefonata del mattino precedente di Silvio Berlusconi, premier e suo antico presidente al Milan, diventa materia da approfondire. «Cosa vi siete detti?» il quesito malizioso. Vogliono far passare l’idea del centrocampo milanista deciso da Donadoni suggerito da palazzo Chigi. E infatti segue una interrogazione parlamentare in proposito. Siamo alla frutta.

In ogni senso.

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