La donna che c'è dietro al singhiozzo in diretta

Il welfare è la sua missione di vita. A Torino in consiglio comunale riuscì a litigare con il suo sindaco e a fare ammattire un assessore

La donna che c'è dietro al singhiozzo in diretta

In generale, il breve singhiozzo del ministro del Lavoro, Elsa For­nero, ha avuto un successo stre­pitoso. Gli italiani hanno gradi­to ess­ere compa­titi da chi li basto­nava. Un ritorno all’infanzia quando mam­ma ci metteva in punizione col ci­glio umido mor­morando: «Lo fo pel tuo bene, piccino mio». Sui giornali ci si rallegra che anche i ministri ab­biano un’anima e un sito proclama Fornero «la mini­stra più bella del mondo », in senso figurato e spirituale.

Agli osanna non si è sottratto Napolitano che, mentre si compiaceva alla presen­za della stessa Fornero per la «ten­sione morale» dimostrata dal go­verno - con evidente allusione al singulto a lei sfuggito -, ha avuto a sua volta un tremito della voce. Si è temuto il peggio perché un cedi­mento del capo dello Stato avrebbe r­ischiato di annegare la Repubblica nel brodo di giuggiole. Napolitano­ si è invece fermato sul crinale senza precipitare nel sentimentalismo italico, rafforzandoci nell’idea che i nostri attuali dirigenti, presidente e governo tecnico­ so­no dolci d’animo quanto spietati nell’azione e che continueranno a randellarci scusandosi di farlo.

Chi conosce Elsa Fornero non si meraviglia se cede alle emozioni, tanto è forte lo scrupolo con cui fa le cose. È donna di forti e meditate convinzioni pronta a battersi per imporle. Questo è un tratto delle femmine politiche piemontesi e lei è di San Carlo Canavese, terra cantata da Guido Gozzano (ecco il sentimentalismo). Corregionali altrettanto toste, sono la radicale Emma Bonino che da cin­quant’anni tiene testa a quel tarlo di Pannella e la Pd, Livia Turco, che quanto a pianti-d’ansia,odio, tripudio-è da lustri l’inarrivato n­u­mero uno.

A parte l’attuale parentesi come ministro, Elsa è uno stimato do­cente di Economia nell’ateneo di Torino dove insegna in inglese. È il suo segno distintivo, il neo nella scollatura. La specializzazione universitaria è il mondo pensioni­­stico, quella per cui è al governo. La competenza è indiscussa. Sem­pre di pensioni si occupa come di­rettore del Cerp (acronimo ingle­se per un centro di ricerca sul Wel­fare) e di pensioni scrive sul So­le- 24 ore . Di pensioni si è occupata pure come consulente del ministe­ro del Lavoro con i governi di cen­trodestra (da lei mai votati), con Maroni e con Sacconi. È, insom­ma, pane e pensione, passione as­sorbita dal suo maestro, Onorato Castellino, che stese su di lei l’ala baronale. Infine, è vicepresidente della sorveglianza del banco Inte­sa SanPaolo. Stesso istituto di pro­venienza dell’attuale ministro al­lo Sviluppo, Corrado Passera, per cui è nata una semi-grana sull’ec­cesso di banchieri dell’attuale ga­binetto. Cosa finita lì, perché il Quirinale detesta illazioni sul go­verno Monti e ai politici, squalifi­cati come sono, tocca stare zitti e mosca.

Oltre al bendidio di incarichi conquistato con le proprie forze, la ministra è anche consorte del­l’economista Mario Deaglio, pro­fessore a sua volta, editorialista della Stampa e direttore del So­le- 24 ore all’epoca della presiden­za confindustriale di Vittorio Mer­loni (primi Ottanta). Deaglio è un signore della Torino bene, salottie­ra e liberal, antiberlusconiano per­so, amico di Mario Monti e aman­te in genere della sinistra, ma tec­nocratica. I coniugi Deaglio - fino a ieri, in città, Elsa era principal­mente la moglie del marito - furo­no nei primi anni ’ 90 tra i promoto­ri di Alleanza per Torino, movi­mento progressista che impose co­me sindaco Valentino Castellani, uno del gruppo deagliesco e do­cente pure lui. Elsa divenne consi­gliere comunale e quello fu il de­butto in politica.

Il suo carattere emerse per inte­ro nell’aula consiliare. Pignola da matti, non le andava bene nulla. Parlava col tono «guarda, caro, adesso ti dico come si fa». Con vo­ce ferma triturava il malcapitato. Ne fece spesso le spese il sindaco, amico suo,e furono sull’orlo della rottura. Mandò al manicomio un povero assessore ai cimiteri che aveva preso di punta. In un’occa­sione extra politica, prese di petto anche Franco Debenedetti, uno del suo giro stretto, lasciando stu­pefatto l’entourage. Insomma, Fornero non conosce giri di paro­le e ignora la diplomazia. Se ne fos­se a capo, dovremmo raddoppia­re gli armamenti. Già tendenzial­mente guerresca, ha un di più di aggressività di fonte femminista. Perciò, le hanno dato anche le Pa­ri opportunità. Proprio un paio d’ore prima di commuoversi, ha fatto un liscio e busso a una delega­zione di giovani andati a trovarla perché erano tutti maschi. «Così, non si va da nessuna parte», li ha apostrofati. Se invece vogliamo il vento in poppa- è il succo del rab­buffo - largo alle donne.

Piccola e graziosa, la dietista del­le nostre pensioni, è un vero fai da te in gonnella. Figlia di Donato, operaio in un deposito militare, si alzava all’alba nel Canavese per raggiungere Torino e frequentare ragioneria. Altre alzatacce per l’università.

Incontrò presto (non nel senso dell’alba) il futuro mari­to, e già con la fissa dell’inglese, soggiornarono in Inghilterra. Per­fezionò la lingua, convolò a nozze, salì di rango, ebbe due figli, è tre volte nonna. Ora, si spoglia di tan­te dolcezze e cava il sangue a noi vecchietti. Per forza, piange.

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