Roma - Quando è stata trovata aveva i pantaloni abbassati ed era senza mutandine. Aveva un maglione nero tirato su. Per il momento, però, non c’è ancora la prova che Giovanna Reggiani sia stata violentata. Questo è quanto ha dichiarato il capo della Squadra Mobile di Roma Vittorio Rizzi.
Colpita da sasso o ombrello La donna potrebbe essere stata colpita "con oggetti contundenti: un sasso o addirittura lo stesso ombrello della donna". L’ipotesi, secondo il capo della Mobile, è che inizialmente ci sia stata una rapina e dopo l’aggressione. Gran parte della refurtiva contenuta nella borsetta, in particolare cellulare, portafoglio e documenti, è stata recuperata. "Ma non possiamo escludere - ha aggiunto Rizzi - che ci fossero altri oggetti di valore. Dobbiamo sentire il marito della vittima, che ieri non abbiamo voluto ascoltare" facendo capire che non era il momento giusto.
Ha tentato di difendersi Sulla schiena e sulla spalla del romeno Nicolae Romulus Mailat sono stati trovati dei graffi. L’uomo è stato sottoposto a ispezione del medico legale: i risultati dell’ispezione saranno racchiusi in una relazione che probabilmente domani sarà consegnata al pm. I graffi sul corpo dell'aggressore proverebbero che la vittima ha tentato di disperatamente di difendersi.
La testimone gridava il nome: "Mailat" La testimone romena dell’aggressione gridava "Mailat, Mailat" ai poliziotti. La donna - che al momento si trova in una struttura protetta - non parla italiano. Si è prima messa in mezzo alla strada davanti a un autobus di linea dell’Atac, per segnalare la donna che era nel fossato, e poi all’arrivo dei poliziotti ha mimato la scena di un uomo che portava sulle spalle la vittima, e gridando il nome di "Mailat" ha indicato la baracca in cui si trovava il romeno.
A quanto si è appreso durante la conferenza stampa che si è svolta oggi in Questura, la donna non sarebbe la madre del romeno ma potrebbe essere la zia anche se, hanno spiegato i poliziotti, in quei contesti questo termine è riferito a un concetto abbastanza allargato. È stato inoltre precisato che la donna non avrebbe lo stesso cognome dell’aggressore.
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