Politica

La donna sgozzata a Genova «Il killer è nascosto nei vicoli»

Diego Pistacchi

da Genova

L’assassino c’è ma non si trova. È nascosto tra i carruggi di Genova, in quei vicoli che sono morti con Fabrizio De André o forse già qualche anno prima. La polizia cerca chi ha sgozzato per strada Luciana Biggi, 36 anni e un fisico da istruttrice di fitness che non le è bastato per difendersi. Per ora la squadra mobile non ha un nome, ma solo uno spunto importante su cui lavorare. Perché è proprio quella strana vita notturna del centro storico più grande e complicato d’Europa che da qualche tempo è cambiata in modo strano.
Rapine e risse non sono una novità dopo il tramonto, ma sono sempre stati episodi occasionali. Nelle ultime settimane capita invece che gruppi di sbandati si organizzino per «lavorare» insieme, per tendere agguati ai passanti che non fanno parte del solito «giro». Anche gli studenti, quegli universitari che magari vivono nelle camere affittate a prezzi scontati e finora hanno sempre girato tranquilli la notte, hanno imparato a stare attenti. Qualcuno ci ha già rimesso il cellulare o il portafoglio, qualcun altro ha temuto di fare una brutta fine, magari la stessa che due notti fa ha fatto Luciana.
Il loro racconto, rimbalzato come un tam tam dalle facoltà alla questura, è sempre lo stesso. La tecnica dei delinquenti è ormai affinata. Appoggiati ai muri dei palazzi con aria distratta, gli sbandati aspettano solo il passaggio della vittima giusta. Meglio se sola. Al momento opportuno tendono un filo, magari un asciugamano o una corda. Fanno inciampare il passante, o almeno lo costringono a fermarsi e a deviare il suo percorso verso un angolo buio, un vicolo senza uscita, un muro che non lascia vie di fuga. Poi lo circondano, lo rapinano. Sono pronti anche ad attaccare piccoli gruppi di ragazzi, sperando di non dover fare i conti con la loro reazione. Chi riesce a scampare alla trappola è proprio perché non si arrende, spinge via gli aggressori, che il più delle volte sono anche ubriachi o drogati e non riescono a portare a compimento il loro piano.
Di tentativi di rapina di questo tipo ne sono stati fatti molti soprattutto nel corso dell’ultima settimana, proprio nella zona di via San Bernardo dove è stata sgozzata Luciana Biggi. E non è un caso che la donna sia stata uccisa con un coccio di bottiglia, con un’arma occasionale, con qualcosa che l’assassino (o gli assassini, come sottolineano spesso i poliziotti della squadra mobile) non aveva con sé ma ha recuperato magari in un cassonetto per la raccolta differenziata del vetro. Il capo della omicidi Alessandra Bucci e il dirigente della squadra mobile Claudio Saniflippo hanno chiesto ai loro uomini di passare al setaccio ogni minima traccia in zona, anche quelle che magari non sembrano legate all’omicidio. Chi ha ucciso Luciana potrebbe avere già tentato una rapina o una violenza sessuale qualche sera prima. Magari aggredendo una vittima che è riuscita a divincolarsi e che potrebbe ricordare il suo volto. Un’indagine difficile, quella che penetra nei carruggi dove delinquere non significa più vendere una stecca di «bionde» di contrabbando. Un’indagine che non può neppure aspettare troppo. Perché i genovesi che nel centro storico vorrebbero continuare a vivere ieri hanno fischiato le istituzioni. Il sindaco e il questore hanno mandato loro rappresentanti all’assemblea pubblica indetta da residenti e commercianti sul luogo del delitto. Ma la gente li ha fischiati. Vuole sicurezza, polizia in strada di notte. Non parole.

E non più morti.

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