Alto sul metro e 70, robusto, pelle olivastra ma non per questo etichettabile come nordafricano, 35 anni circa. Così il testimone all’omicidio di Pasqualina Labarbuta ha confermato la descrizione dell’assassino. Insieme agli esperti della scientifica ne ha disegnato anche l’identikit: mascella massiccia, lineamenti regolari, folte ciglia, capelli corti con un principio di stempiatura.
«In zona non ci sono telecamere, che tante volte ci hanno aiutato nelle indagini, che il Comune installa solitamente in zona a rischio - spiega Francesco Messina, capo della squadra mobile -. Ma quella è piuttosto tranquilla. Il delitto è poi avvenuto all’interno del parco, con gli alberi che hanno chiuso la “scena” rispetto a eventuali testimoni dei palazzi vicini. Quindi al momento abbiamo solo questa descrizione».
«Lina» Labarbuta, 37 anni, abitava con i tre figli minorenni in via Bisi Albini, dopo la separazione dal marito. Il 6 maggio era il suo primo giorno di lavoro come sostituta della portinaia ammalata nello stabile di via Visconti 10/12. Terminato il turno della mattina si era spostata ai giardini di via Borsa per rilassarsi. Qui è stata raggiunta dal suo assassino che l’ha colpita con un «pattada», tipico coltello sardo, lungo nove centimetri, abbandonato nella fuga. Particolari che tenderebbero a escludere l’ipotesi dell’omicidio premeditato o il gesto di un folle, lasciando invece immaginare un delitto «accidentale».
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